domenica 30 gennaio 2011

LA-LA... ismi

Quando la sera il babbo torna a casa stanco dal lavoro (oh, che quadretto da pubblicità kinder!), la pupa è fuori di sè dalla gioia, e non fa nulla per nascondere la sua euforia.

Grazie pupa, io ti ho solo spupazzato tutto il santo giorno, pulito il culo almeno sei volte, addormentata in braccio cantando Ole-ole-anna tre volte, combattuto con i tuoi isterismi da dentizione, fatto saltellare sul letto per farti divertire pagandola con ettolitri di acido lattico nei miei arti superiori, sciorinato tutto il mio repertorio infantile dello Zecchino D'Oro, ballato il Ballo del Qua-qua girando come una scema intorno alla sedia al momento del ritornello, in assenza di un compagno da poter prendere sotto braccio mentre tu te la scialavi (e sicuramente pensavi intanto: guarda che idiota questa qui, ah-ah!), rischiato l'eusarimento nervoso nel tantativo più volte frustrato di farti ingurgitare qualche cucchiaio in più di pappa alla carota sacrificando alla causa quel che ancora mi rimaneva della mia dignità...

Ma non importa: saluta pure il tuo babbo facendoti venire una paresi facciale per la tensione dei muscoli addetti al sorriso, agita pure gambe e braccia in segno di gioia incontinente, delizialo con i tuoi gridolini di pura felicità, smania perchè ti prenda dalle braccia della mamma ormai stanche di tanto amore profuso, fagli le feste scodinzolando come un cane al rientro del padrone, sciogliti in risate alla minima scemenza che lui fa (nemmeno ci si spreca tanto, sospetto che tu lo stia un tantinello assecondando), non distogliere più lo sguardo dal suo volto, non degnare più tua madre nemmeno di un briciolo della tua attenzione, tutta tesa a festeggiare il lieto evento dell'arrivo del tuo genitore di sesso maschile!

Ma attenta pupa, a non dare per scontato l'affetto di tua madre: potrei sempre decidere di riversare tutte le mie attenzioni e premure su Zorro!

Intanto lei se ne fotte non si cura troppo dei miei ricatti morali, formulati del resto solo in testa mia, e quindi a lei inaccessibili, ed è diventata improvvisamente loquace come non l'ho vista nell'arco dell'intera giornata.

- Ngà! Blblblblbl.. Dà-dà!

babbo: - Lo sai: da noi si dice che quando un bambino dice "Da" significa che si riferisce al badre"

mamma: - Ma che c'entra "Dà"? Non si diceva "Baba"? Se mai "Ba"!

- Sì, ma si dice così, quando ancora non sanno dire "Ba".

- Eh, certo, come no. E come fate ad esserne così sicuri? Che ne sai tu di quello che intende dire lei con "DA"?

- Ghhhhhh... Ba! Ba!

- Dici "Baba" amore? Eh? Dici "Babbo", bneiti (trad: figliola)?

- (con le palle un po' girate) Ma ti pare che dice "babbo"? Non lo sa neanche lei cosa dice: sta giocando, Hasuna.

- (incomprensibile: quando non ammette repliche inizia a parlarle in arabo, come se lei capisse! PFUì!)

- Gggghiiii! Gà!

- Sì, amore: è il gatto quello: è Zorro!

- Sì vabbè: e quello è il frigorifero!

-'Nzè! 'Nzè!

- Panzumen? Vuoi Panzumen, bneiti?

- Hasuna, ma lo vuoi capire che dice sillabe a caso?

- Mma-mmaaa!

- Oh, amore! Stellina di mamma! Hai detto "mamma"! Eccola mamma tua! Eccola mamma! Sono io la tua mamma! Vieni da mamma amore bello, vieni bellezza della mamma!


(Quando si dice: essere obbiettivi)

sabato 29 gennaio 2011

Nel bel mezzo di un gelido inverno

Allora, magari risulterò ripetitiva, ma sono ben pochi gli svaghi che riesci a concederti quando hai a seguito una bimba di sei mesi e nessuna nonna a portata di mano a cui sbolognarla.
Quando l'inverno del nostro scontento sembra farsi gioiosa estate a questo sole di Pisa, in un limpido pomeriggio di gennaio io e la pupa ci facciamo una passeggiata.
O meglio: io passeggio e spingo lei che intanto si fa una pennica, svegliandosi a caso in luoghi sempre diversi, giusto per dare un occhiata.
Io intanto documento i luoghi dove passiamo e immagino un futuro prossimo con lei che va sull'altalena e sullo scivolo del parco e gioca correndo con gli altri bimbi.
Quindi oggi vi posto il risultato di quel tour fotografico.
Mi piace molto questo formato panoramico che ho scelto per la maggior parte di questi paesaggi.
Quindi ecco qua:

Vista dei Lungarni dal Ponte della Fortezza

Su e giù dai ponti io e la pupa ammiriamo lo spettacolo che ci offre la giornata limpida. Quando il cielo è così terso e l'aria così pulita, il rifelsso del cielo nell'acqua del fiume lo fa sembrare  quasi pulito! Acqua azzurra acqua chiara... io non la berrei però!
La pupa intanto ronfa già...
La pupa sul ponte
Vista del Lungarno Bruno Buozzi
Giochi per bimbi al Giardino Scotto

Qui siamo al Giardino Scotto. Il giardino è stato restaurato da poco, e tra gli altri interventi è stato aggiunto uno spazio dedicato ai giochi dei bambini. Queste strutture sono molto particolari; non mi dispiacciono: hanno una loro eleganza.

Per chi non lo conoscesse questo giardino è un luogo molto suggestivo: è inserito nella Fortezza Nuova (o Cittadella Nuova), una grande opera di difesa costruita dai Fiorentini in seguito alla loro seconda conquista di Pisa, nel XVI secolo. Il celebre architetto Giuliano da San Gallo fu incaricato del progetto.

Diciamo che questo è in pratica anche l'unico vero e proprio giardino pubblico storico all'interno della città.

Pisa, col suo glorioso passato di Repubblica, mantiene ancora oggi nella struttura del suo centro storico l'aspetto tipico del comune medievale, dove palazzi privati e case torri si fronteggiano dai due lati dell'Arno, nascondendo agli occhi dei passanti dietro alte mura un impensabile patrimonio verde sotto forma di giardini e corti private.

Arcate della Cittadella Nuova al giardino Scotto
Mura della Cittadella nuova
Pini e mura al giardino
Piccioni sulla fontana del giardino
Con queste due foto raggiungo il massimo livello del mio virtuosismo artistico!
Non è che ci ho messo il bianco e nero perchè me la voglio tirare da grande fotografa.
La foto coi piccioni era abbastanza banale: così mi sembra di giustificare un po' la scelta del soggetto. Mi dà il senso di quelle cartoline vecchie che si trovano ancora in qualche tabacchi di quarta categoria, sempre le stesse da 20 anni e nessuno le compra.
La foto qui sotto mi è piaciuta molto come rendeva in questi toni un po' metallici. Trovo che l'immagine ci guadagni molto: ci vedo un che di gaudiano... boh! Vedete un po' voi. A me piace.

La pupa tra le altalene

Rami e cielo
Coi rami degli alberi sono un po' fissata, lo ammetto. Pazienza!
Questa qui sotto non ci ha guadagnato molto tagliata in questo formato: peccato! Ho dovuto eliminare un buon pezzo dello scorcio del  viale, o tagliavo la testa al lampione...
Vista dei giardini
Ancora Lungarni
Vi ho sfracassato le pall un tantino annoiato con queste visuali del fiume? Lo ammetto: ho esagerato, ma la qualità della luce quel giorno era speciale. Il riflesso dei palazzi nell'Arno mi ha incantata e non riuscivo a volgere altrove l'obiettivo.
Vista del Lungarno Galilei
Qui siamo al Viale delle Piagge, luogo di passeggio e cazzeggio piacevole svago del popolo e della gioventù pisana e non. Qui giace anche un pezzo di storia di Suster: quando mi ruppi il polso sinistro cadendo con i pattini come una fessa... ma questa è un'altra storia.
biciclette al Viale delle Piagge
Ancora Lungarni
Passeggiata alla Piagge.






giovedì 27 gennaio 2011

La pupa incontinens (trad: la pupa nuntareggaeppiù)

Malgrado la giornata radiosa, oggi la pupa è di pessimo umore.
Saranno i denti che continuano a minacciare di spuntare, ma intanto spuntano solo di notte nei sogni della mamma? Sarà che un po' le girano perchè ora che ha maggior padronanza del proprio corpo vorrebbe potersi muovere a suo piacimento, invece è ancora ben lungi dall'autonomia motoria, e viene continuamente mollata come un pacco su sedili di varia natura dalla mamma che necessita anch'ella libertà di movimento e che in più non glie la fa a caricarsi sempre i 7 Kg gloriosamente raggiunti questo mese dalla marmocchia?

Fatto sta che la pupa stamani si sveglia dal suo riposino mattutino di pessimo umore, e l'umore non migliora con l'arrivo della pappa, la problematica crema di cereali misti, che anzichè essere in polvere, è in fiocchi, e raggiunge, una volta stemperata nel brodo, una consistenza abbastanza granulosa, cosa che a questo punto suppongo dispiacqua alla pupa, visto che a livello di sapore a me non sembra poi tanto diversa da quella di mais e tapioca e dalla tanto festeggiata crema di riso (de gustibus pupae disputandum non est). O forse dipende dalle marche, io non saprei proprio dire.

La pupa dimostra il suo scarso gradimento  in tante maniere molto eloquenti: dapprima storcendo la bocca in un'espressione disgustata e un tantino sdegnata; poi (diciamo al terzo cucchiaio), rimanendo con la bocca semiaperta senza ingoiare la cucchiaiata di pappa che vi ho appena introdotto, e lasciando, in questo modo, che la stessa, di consistenza abbastanza squaccherosa, fuoriesca come un lento fiume di lava dagli angoli della suddetta apertura orale; la fase successiva consiste nell'emettere una serie di spernacchi che comportano l'incontrollabile e incontenibile sparpagliamento della poltiglia alimentare urbis et orbis; se la mamma c'intigna e non afferra il fin qui velato messaggio, si passa in seguito all'inserimento della sirena vocale, che può anche degenerare a seconda dei casi, in tosse convulsa, conati di vomito simulati e ripercussioni violente sull'incolpevole cucchiaio, che viene sovente afferrato, strappato dalle mani della genitrice e agitato con veemenza, così che l'ignaro utensile finisce per contribuire all'operazione di sparpagliamento della pappa di cui sopra.

In questi casi è sempre utile avere a portata di mano un biberon con dell'acqua, che talvolta può servire a calmare temporaneamente la crisi isterica in atto e le convulsioni da pianto della giovine buongustaia, oppure tenere una pietanza di riserva, tipo una pera grattata, da somministrare in alternativa. Se ciò non bastasse... beh: la pappa è finita, andata in pace.

Quella di oggi è stata una battaglia all'ultimo boccone: una carneficina totale.
Il bello è che l'ingenua Suster aveva pensato di poter mangiare anche lei in contemporanea con la pupa, e dover alternare un cucchiaio di minestrone per sè con un cucchiaino in bocca alla pupa che andava a finire tutto fuori, una ciucciata di biberon, una grattata di pera, un tentativo di suscitare l'interesse della pupa per la pappa mostrandole come fosse buona, al punto che la mamma se ne ingurgitava lei stessa una bella cucchiaiata, un giro in microonde del proprio minestrone ormai acclimatatosi alla temperatura atmosferica, un giro al microonde anche alla crema ai cereali misti, risultò essere un'operazione più complicata del previsto.

Alla fine Suster ha un'alzata d'ingegno: pensando che tutto 'sto casino fosse da addebitarsi alle gengive doloranti della pupa, prova a darle un pezzo di pane (a sua discolpa Suster sostiene di aver letto sul suo manuale per mamme impedite che a sei mesi si può dare). La cosa sembra calmare di colpo la pupa, e Suster può finalmente finire in pace il pluririscaldato minestrone, che però ora è di nuovo freddo, ma non importa, va bene così.
La pupa intanto si ciuccia il suo pezzo di pane ficcandoselo tutto in gola e a momenti si strozza (a certa gente dovrebbero confiscare il patentino da madri). A Suster a momenti le viene un sintomo. La pupa piange e fa versi allarmanti con la glottide: ha un grosso pezzo di mollica spiaccicata attacata al palato. Allora Suster infila due dita in bocca alla pupa ed estrae il colpevole pezzo di pane, mentre la pupa non smetterà di piangere per un'altra mezz'ora almeno, e da quella voragine spalancata la maldesrta madre è ora in grado di constatare di aver provocato alla sua piccola un'escoriazione in fondo al palato, con le unghie o anche con la parte raschiosa del pane stesso (dicasi crosta) e ora si sente un tantino una merda, ma decide di porre rimedio almeno alle lacrime della piccina.

A questo punto Suster, vista, come dicevamo, la radiosa giornata, che metterebbe di buon umore persino il Grinch, ma non la pupa, decide repentinamente di portare fuori la pargola.
Più facile a pensarsi che a farsi, com'è ovvio che sia, perchè attuare questo piano si rivelerà operazionze laboriosa e faticosa almeno quanto lo era stata la pappa.
Intanto Suster deve preparare se stessa, che la pupa sarà l'ultima cosa che prepara, considerato che la vestizione mette generalmente la pupa di pessimo umore, come se non bastasse già per oggi.
Ma anche se stessa non si prepara facilmente oggi, con la pupa che non vuol stare da nessuna parte fuor che in braccio, e intanto strilla, che ancora non le è passato del tutto il dolore morale del ricordo della tragica mangiata. La pupa è ormai troppo grande per rimanere nell'ovetto, dal quiale già più di una volta ha tentato di catapultarsi se non fosse stato per la mamma che l'ha raccolta giusto in tempo quando già si trovava per tre quarti del corpo a penzoloni di fuori, come un pesce che tenta il salto evolutivo si tascina a forza di pinne fuori dallo stagno dove poco prima nuotava, ma una volta sulla terra ferma non ha idea di come se la caverà. Così mi chiedo se la pupa abbia un piano chiaro di cosa farà una volta che riuscirà nella sua impresa di catapultarsi dall'ovetto al pavimento: forse pensa di squotersi un po' di polvere dalle ginocchia, fare un inchino e andarsene tranquilla per la sua strada?

Ho provato anche a metterla nel seggiolone (nota bene: privo di riduttore. Ce l'han portato così, senza imbottitura e senza niente). Praticamente la pupa ci scompare dentro. Non è proprio cosa.
Stai un pochino sul letto amore a giocare con la tua palestrina e i tuoi pupazzi che mamma va a fare pipì e si mette le scarpe e le lenti? La risposta giunge sotto forma di latrato, che immagino voglia dire no. Il divano: abbiamo già sperimentato.
Niente: Suster ficca la bimba nell'ovetto, appende il topo carillon all'asta, e scappa in bagno mentre pupa sembra momentaneamente ipnotizzata dall'oggetto musicale.

Beh, cosa c'è? Sì, lo so che non si lascia mai un bambino piccolo incustodito, soprattutto se ha già manifestato inclinazioni suicide, accidenti, ma cosa deve fare uno per campare?
E così, lasciatemi finire il racconto, Suster è in bagno, sente una specie di tonfo e immagina che si tratti dei soliti lavori al piano di sotto. Anche perchè la reazione vocale arriva con alcuni secondi di ritardo. Quindi lei mai avrebbe immaginato che i due rumori fossero in relazione tra loro. E invece...
Suster arriva in cucina e trova la pupa stesa in terra ai piedi dell'ovetto. Ovviamente piange disperata.

Pessima madre, non c'è che dire.

Suster vorrebbe morire, mentre tenta di consolare la pupa inconsolabile e alla fine ci riesce facendola saltellare sul letto al ritmo di: Zorro ha perso il becco... cioè... la bocca, come farà a mangiar, e via dicendo, sempre togliendo un pezzo a Zorro.
Quando ha finito sono le 2:30 e non è il caso di uscire ora, che la pupa è stanca e pure incazzosa, tanto vale farla dormire.

Dorme quasi subito e Suster inizia a chiedersi se non abbia fatto una solenne minchiata, come il commissario Montalbano, perchè sa, avendo visto il film America oggi, che mai si fa dormire un bambino che ha battuto la testa prima di essere sicuri che stia bene.
Allora Suster piglia il suo manuale per mamme impedite, onde trovarvi un po' di conforto e rassicurazione.
Cerca: battere la testa. Niente.
Botta in testa: niente.
Caduta dal seggiolone: nada.
Trauma cranico ('azz, come suona male!): c'è! Ecco cosa reca il manuale per rassicurare le madri alle prese con le cadute dei figlioletti (riporto testualmente):

Importante: I traumi cranici di solito sono più gravi se il bambino cade su una superficie dura da un'altezza uguale o superiore alla sua statura (...) Un trauma laterale della testa è meno pericoloso di uno anteriore o posteriore.

Porc...! Suster inizia a sentirsi non troppo bene. Ma, si chiede, come fa uno a riportare un trauma se cade su una superficie morbida? E' ovvio che sia dura, no? E poi: uguale o superiore a 66 cm, si fa presto! La pupa era riversa faccia in sù: quindi ha battuto la parte posteriore del cranio. Merd...

Seguono tutta una serie di indizi da osservare per riconoscere la gravità del trauma: perdita di conoscenza (oddio: non è che quando è caduta ha iniziato a piangere in differita perchè è svenuta per tre secondi?), convulsioni (questo mi pare di no), difficoltà a essere risvegliato (...), incapacità di muovere un braccio o una gamba (cazzarola: non ho verificato!), zone nere e azzurre intorno agli occhi e dietro le orecchie (perchè tutt'a un tratto non sono più sicura di niente?), dolore per più di un'ora che impedisce la normale attività fisica e il sonno (beh, lei sta dormendo, quindi passiamo oltre), senso di capogiro che persiste (Boh! Questo me lo dovrebbe dire lei), pupille di grandezza diversa, pallore non comune, comportamento anomalo, il bambino sembra inebetito, confuso (Beh, si è appena catapultata dall'ovetto, dovrebbe forse fare finta di niente, fare la disinvolta, ridere e scherzare?).
Insomma: morale della favola, alla fine Suster era ancora più confusa e impanicata di prima, e attendeva con una certa apprendìsione il risveglio della pupa, che per fortuna è arrivato di lì a una mezz'oretta.

Ecco vedete, tutto questo per dirvi: non fate come Suster, tenete sempre sotto controllo i vostri pupi di sei  mesi, soprattutto quando già hanno manifestato propositi autolesionisti, non date loro pane col quale possono soffocarsi, non cercate di fregarli distraendoli con topi carillon mentre voi fate una pipì lampo in bagno. La pagherete molto cara!

La pupa in questi giorni non si tiene. Vorrebbe andare dappertutto anche se non è in grado di tenersi neanche in piedi, e a mala pena rimane seduta in equilibrio senza rovesciarsi in avanti per più di 4 minuti.
Alla fine ci sono riuscita a portarla fuori: me la sono messa nel marsupio e ho preso la bicicletta, così ho ovviato al problema del trasporto del passeggino per le scale (stesso dilemma: dove la lascio mentre effettuo questa faticosa operazione?)
La giornata era splendida, anche se faceva piuttosto freddo, ma lei era nella sua tuta da aviatore e non deve essersene troppo accorta.
Però, ragazzi se pesa! Dopo 10 minuti non mi sentivo più le braccia: le cinghie del marsupio mi ostruivano la circolazione agli arti superiori e dopo poco mi hanno iniziato a formicolare le dita e poi mi si è addormentato tutto il braccio sinistro.
La pupa dal canto suo ci stava tutta strizzata nella sua imbragatura, a maggior ragione se consideriamo i multistrati che l'avvolgevano come un cotechino.
Però è stata buona durante il nostro giretto. Anzi: se l'è scialata.
La mamma invece era alquanto provata e lasciamo stare che non è riuscita a portare a termine la metà delle commissioni che si era riproposta, tra cui andarsi ad accattare qualche straccio approfittando dei saldi e magari un paio di scarpe.
Però è entrata da Prenatal per cercare un'imbottitura per il seggiolone  e ne è uscita con una felpa e un vestitino taglia 9-12 mesi, in previsione della primavera. E così questo sarebbe il destino di una mamma? Uscire per comperarsi qualcosa per svernare senza ibernare e ritrovarsi sempre a tornare a casa con qualche nuovo articolo di vestiario in miniatura? ma quanto sono belli però!
Eppure mi ero ripromessa di non comprare più niente, che la pupa ci ha i cassetti che stanno per esplodere. E invece, ecco qua! E ho rischiato pure di fare il pieno da Zara reparto bambino. Stessa storia: ero entrata per cercare qualcosa per me, ma poi mi sono diretta spedita nell'area baby. Ma mi sono fermata in tempo, soprattutto perchè sospettavo di non avere abbastanza credito nella mia carta prepagata. Che tristezza!
Basta così: ora vi faccio vedere cosa ho preso, spendendo veramente poco:


Molto fiera di me.
Peccato che subito dopo l'acquisto mi sono accorta che la felpa era un doppione di un regalo di Natale della zia Gunchina. Vabbè, tanto si sporca facilmente...

E questa è la pupa dentro al suo seggiolone, dono di una signora chissà dove raccattato:


Direi che il riduttore, o almeno l'imbottitura, ci vuole!
Rimedierò anche a questo. Non vi preoccupate.

martedì 25 gennaio 2011

La stagione degli amori


A gennaio i miei gatti subiscono gli effetti  del risveglio ormonale e il richiamo dell'amore si fa sentire a suon di Miao in casa e fuori.
Perchè in gennaio? Mi chiederete voi. Non era in primavera?
Aggiungerei questo quesito a quelli rimasti privi di risposta del post precedente, delegando il compito di trvare una motivazione plausibile a Piero Angela.
Fatto sta che Zorro e Panza in questo periodo impazziscono e diventano assai poco sopportabili per i loro coinquilini, a cominciare dalla sottoscritta.
Perchè loro oltre ad essere bamboccioni, mammoni, preda di attacchi di gelosia nei confronti della pupa, noiosi fino alla nausea quando si tratta di sottolineare il fatto che sono rimasti con le ciotole vuote e io ho dimenticato di comprare le scatolette di bocconcini, sentimentalmente parlando sono due imbranati cronici.

Diciamo che la colpa non è del tutto loro: sono stati cresciuti da una madre un po' dissociata, che è stata iperprotettiva fino a che i due pargoli hanno raggiunto la tenera età di 4 mesi, per diventare poi tutt'a un tratto aggressiva e intollerante nei loro confronti, al punto che non accettava nemmeno che le passassero accanto, pena una serie di vigorose zampate sulla testa. Alla fine, indispettita per il fatto che i suoi "piccoli" ormai grossi il doppio di lei, non se ne andassero di casa malgrado l'età e la robusta costituzione, se n'è andata lei, e chi l'ha più vista?
Ma questa è un'altra storia: la triste storia della Gattina, gatta dall'indole problematica e con seri deficit comportamentali nei confronti degli esponenti della propria specie. Andando a rovistare nel suo passato potremmo trovare una spiegazione al suo insano approccio alla maternità nella propria infanzia turbata, ma insomma: non si può sempre dare la colpa alle madri di tutto, o alla società: una parte di responsabilità ce l'avranno pure i singoli individui! E questo potrebbe valere anche per i gatti.

Tornando ai miei due felini domestici, cresciuti nella bambagia e quindi incapaci di fronteggiare il mondo esterno, dubito che abbiano ancora mai avuto, all'età di quasi 3 anni, dei rapporti sessuali con un'esponente di sesso femminile della loro specie.
Ci tengo a questa precisazione perchè invece pare che riescano a tamponare il bisogno impellente di accoppiamento con sporadici approcci reciproci, che però finiscono quasi sempre a schifio, perchè ora l'uno, ora l'altro, non si dimostrano mai del tutto disposti ad accettare le avances dell'altro.
Devo dire che questa passione incestuosa viene coltivata soprattutto da Panzumen nei confronti di Zorro, il quale spesso se la dorme ignaro mentre l'altro ne approfitta per ingropparselo da dietro. Anche in questi casi segue risveglio e azzuffatina, come direbbe Camilleri, e tutto finisce così, con un niente di fatto, almeno fino alla prossima.

Il richiamo dell'amore invece su Zorro ha avuto per fortuna anche altri esiti, un pochino più sani, dato che una volta l'anno circa, il nostro eroe abbandona il focolare domestico e scompare per un paio di settimane in cerca di avventure. Dove vada nessuno lo sa, come campi nemmeno, ma dubito che riesca a mettere qualcosa sotto i denti per tutto il tempo in cui è via, considerato lo stato in cui è tornato l'anno scorso, dopo appunto 15 giorni di ricerche disperate della Suster e attaccaggio di volantini, segnalazioni negli ambulatori veterinari e nelle associazioni gattofile e presso le mie conoscenze ai gattili della città e oltre. In più ero pure all'ottavo mese di gravidanza e ogni volta che ci pensavo piangevo come una fontana. Il mio povero Zorro, tutto solo, chissà dove, chissà come, sarà spiaccicato sull'argine di una strada, o divorato da un pitbull, o morto di fame chiuso in una cantina.
E invece lui, come se niente fosse stato, una notte se ne ritorna tutto rinsecchito, con almeno 2 Kg di ciccia in meno, spelacchiato e azzoppato, con le zampe scorticate e le pupille dilatate in evidente stato di shock.
Si è bevuto mezzo litro d'acqua, è stato mezz'ora a raspare nella lettiera cercando di fare pipì, e poi ha dormito per tre giorni di fila, mentre io tentavo di impedire a Panzumen, che non stava più nel pelo dalla felicità di rivedere l'amato fratello, di ingropparselo come gesto estremo di gioioso bentornato.

Panzumen invece è un gatto con serissimi problemi di adattamento all'ambiente esterno. Se esce lo fa solo per andare a ruminare qualche filo d'erba gatta sotto casa, poi ritorna in fretta, trascinando a stento la panza che non ha caso ha avuto un ruolo determinante nell'influenzare la scelta del suo nome d'arte, e ansimando un pochino fermandosi ogni 5 gradini per riprendere fiato, perchè oltre tutto pare che abbia anche un leggero soffio al cuore (ma io un gatto normale no?).
Oggi a quanto pare il suo livello di concentrazione ormonale nel sangue ha raggiunto percentuali tanto elevate, che Panzumen si può dire a tutti gli effetti preda del proprio testosterone.
In altre parole ARRAPATO.
Ha rotto le sactole da stamattina, piangendo come un vitello a cui avevano macellato la mamma (che immagine poetica). Vuole entrare, poi vuole uscire, si aggira senza pace per casa e fuori. Ha voluto a tutti i costi che lo accompagnassi giù per le scale, poi, in fondo alla rampa, si è fermato a lungo ad annusare qualche a me inaccessibile traccia di pipì altrui, finchè non  mi sono rotta le scatole e l'ho mollato lì a risolvere le proprie beghe territoriali con i gatti del vicinato.

Panzumen non ha mai fatto a botte con nessun altro gatto, a parte Zorro, ma mai seriamente, e quando ne vede uno anche in lontananza abbassa orecchie e coda e, è proprio il caso di usare questo termine, se ne sgattaiola via quatto quatto. Se vuole combinare qualcosa nella vita è il caso che si dia una svegliata.
Ma i miei gatti sono in fondo dei romanticoni, sognano l'amore vero e detestano fare a botte per far valere le proprie ragioni e per accampare pretese su qualche squinzia di passaggio.
Sono dei filosofi non violenti.
Però a volte l'amore annebbia i sensi e l'intelletto.

Oggi tra tutti e due la situazione era diventata incontenibile. Un troiaio! Panza inseguiva Zorro e gli montava sopra, Zorro si ribellava e mordeva la testa a Panza, poi era la volta di Zorro saltare addosso a Panza, il quale difendeva il proprio onore letteralmente con le unghie.
Hanno fatto talmente tanto casino che la pupa si è messa a piangere.
Uno pensa che un bambino così piccolo capisca poco e niente del mondo, e invece guarda qua: la pupa in genere impazzisce per i gatti, ma stavolta a vederli lottare e azzuffarsi emettendo miagolii da combattimento, è rimasta turbata. Ha percepito benissimo il senso della violenza (sessuale o meno) che si perpetuava sotto i suoi occhi. Il significato della comunicazione non verbale deve essere assai più chiaro a lei, che utilizza ancora praticamente solo quella, che non a noi, quindi lei riesce a suo modo a comunicare coi gatti, e comprende alla perfezione il loro codice.
Magari le è sfuggito che si trattava solo di un eccesso di amore.
Mmmh...

Io e Hasuna difficilmente riusciamo a fare i romantici.

Ecco una delle nostre romanticissime conversazioni:

- Ciccionismo, lo sai che da piccolo facevo un gioco con le folie per sapere il nome della persona che avrei sbosato...
- Mh... (conversazione che si svolge a letto alle 2 di notte mentre Suster stava per sprofondare nel meravoglioso mondo dei sogni).
- E mi usciva sempre la S?
- Davvero?
- Sì: mi veniva in mente solo Salima, che è un nome di una vecchietta.
- Bene! Anche qui si fa un gioco simile, con il picciolo della mela. Lo giri finchè non si rompe, e intanto reciti l'alfabeto. A me si rompeva sempre alla H. Che sfiga! Difficile che trovi uno che si chiami H... Allora mi ero inventata un certo Hans, ma ti giuro, non l'ho mai conosciuto...
- Hai visto? E' il destino.
- Intestino?
- No: des-tino! Dammi un poco di coberta.
- Alberta? Aspetta, ho freddo.
- Vieni vicino a me Ciccionismo, ti scaldo io.
- Uh, è vero, qui vicino a te fa più caldo.
- Certo: ho scorreggiato!
- ...
Is this love that i'm feeling!

(questa conversazione è realmente accaduta)

lunedì 24 gennaio 2011

Quesiti inquietanti

Allo scoccar del sesto mese accadono cose strane.

Da dove sono saltati fuori all'improvviso tutti questi pantaloni taglia 3-6 mesi, tutte queste microscopiche tutine taglia 0-1 mese, e questa mezza quintalata di body di taglie assortite tutte ovviamente riferibili ad un ormai per noi remoto passato? E poi: un'impermeabile per gnomi, un piumino imbottito celeste, 4 mutande copripannolino (mutande? Ebbene sì: mai visto indumento più inutile per chi cambia già 6 pampers al giorno), altri 3 cappelli da aggiungere alla nostra collezione autunno-inverno,  2 braghe di lana, 2 paia di scarpine mignon, 2 pagliaccetti (non è certo la loro stagione), una salopette , 2 vestitini jean's molto poco adatti al clima di gennaio, un sacco-nanna quasi fuori misura.
Mh, ho capito: avrei dovuto rimettere in ordine i cassetti della pupa almeno 4 o 5 mesi fa, anzicchè limitarmi ad usare solo i primi due della cassettiera, e continuare a stipare i nuovi arrivi nel terzo, dove in fondo in fondo giacevano ignari a decine abiti mai indossati.
Ma pazienza, ormai è fatta. In compenso ho ricavato un bel po' di spazio per sistemare lo sterminato numero dei vestiti taglia 6 mesi, ossia, quelli che lei mette ora, che a ben guardare non ci stanno tutti neanche così, e ogni volta che ripongo quelli puliti, richiudere i cassetti è un'impresa, e rimane sempre una manica o un bavaglino penzolante di fuori, e per evitare di dover fare spostamenti di cui poi temo gli esiti nefasti, della serie, prima ci stava tutto e mo' non cio sta più niente, attingo sempre dalla cima del mucchio, senza andare a scavare e a ravanare, che poi mi tocca ripiegare  da capo magliettine e felpine, quella sì che è una rogna, con quei dannati cappucci che non si sa mai da che parte vanno.
La pupa in data odierna ha un guardaroba assai più fornito del mio, che vado in giro da anni con il solito maglione nepalese viola a fiori (il mitico Violone!), anche se mi si sta piano piano disfacendo addosso, e non saprei, data la mia ignoranza in materia di lavoro a maglia, come porvi rimedio.

 Eh sì, il Natale ha fatto sì che per il vestiario della pupa del prossimo trimestre siamo al completo, anzi, si può dire che si registra un esubero di capi,  e la cosa buona è che, vista l'abbondanza e la profusione di cambi, posso permettermi di dare una svolta alla mia politica di lavaggio: non più quindi strofinare a mano tutte le sante sere macchie di vomito e pappa, sciacquare, strizzare fino a farmi venire la tendinite e uscire nel gelo delle notti di gennaio a stendere 5-6 pezzi alla volta, ma accumulare decine e decine di tutine e maglioncini, maglie e magliettine, body e vestitini, e poi un bel giorno: FLUP! Tutto in lavatrice.  Sono queste le vere soddisfazioni della vita!

La pupa intanto ha registrato un cospiquo aumento ponderale, per quanto la bilancia del pediatra abbia decreteto un rallentamento nella crescita: dai 200 grammi settimanali ai 200 mensili. Non so se mi dovrei preoccupare di ciò, ma immagino di no, dato che il dottor Z. non ha fatto una piega. Del resto le pieghe sono molte sulle cosce e sotto al collo della pupa, che basterebbero a fugare ogni dubbio a qualsiasi madre ben più apprensiva di Suster circa la buona salute della sua vispa frugoletta. Quindi siamo sui 7 Kg tondi, e inauguriamo anche la taglia 4 di pannolino, detta Maxi, non so se mi spiego.
Se non sono queste le soddisfazioni...

Non è mai troppo presto per iniziare a rotolare.
Ho ricevuto questo monito più o meno da tutti: pediatra, libri per mamme seri e semi seri da me letti.
Nonostante ciò, ho continuato ad agire in maniera incosciente e assai poco protettiva nei confronti della pupa, che viene continuamente mollata a sedere su supporti non troppo sicuri quali divano, carrozzina e ovetto sopraelevato su sedie e mobili vari, mentre io traffico con letti da rifare, pappe da preparare, miei bisogni primari da espletare e via dicendo.

Quindi l'ovvia conseguenza: il tuffo di testa di pupa dal divano nella mattina di ieri, con mio sfiorato arresto cardiaco, e suo probabile trauma cranico a lungo termine.
Inspiegabile la dinamica: l'avevo appena lasciata felice e beata, con un sorriso da un'orecchio all'altro a giocare con la bambola-cuscino seduta in posizione "panino" (cioè, piegata a metà come un sandwiches) con la schiena rivolta alla spalliera del divano, fortunatamente non più alto di 40 cm da terra. La lascio quindi e vado verso il letto da rifare, allontanandomi solo di tre passi e mezzo, mi giro a guardarla appena in tempo per vederla effettuare alla moviola il suddetto tuffo a pesce, non abbastanza al rallentatore da permettermi di intervenire, ma abbastanza per consentirmi di apprezzare l'atterraggio di testa, con un sonoro BONC appena attutito dal tappeto, fare la verticale esattamente con una angolo di incidenza di 90 gradi con il pavimento per un secondo e mezzo prima di ribaltarsi.
Oddio, le si è spezzato il collo, ho subito pensato. Ma per fortuna no. Era solo molto incavolata e ha pianto per mezz'ora, prima che riuscissi a distrarla con la bambina nello specchio, che urlava pure lei come un'ossessa ed era rossa in faccia come un'aragosta.
Dunque la testa della pupa come sospettavo ha un peso specifico e un volume tale da averla sbilanciata in avanti e aver trascinato il resto del corpo di sotto.
Così è andata il primo capitonbolo della pupa.
Ma com'è faticoso rifare il letto con lei infilata nel marsupio!

Malgrado i suoi 6 mesi la pupa dorme ancora nella carrozzina. Non è colpa sua se i genitori non hanno ancora provveduto a procurarle un letto più degno di questo nome. Comunque per ragioni di dimensioni, presto saremo obbligati a provvedere a questa mancanza e ad effettuare il cambio di alloggio (quando le dimensioni contano).
Nel frattempo la carrozzina esercita il suo facsino magnetico non solo sulla pupa, che ora stando seduta, ci rimane dentro volentieri a giocare con i suoi cubi, ma anche su Zorro, che forse in nostra assenza ha avuto modo di sperimentare come si dorma bene lì dentro. E così, quando dopo un laborioso addormentamento, con la pupa dormiente tra le braccia, mi avvicino alla carrozzina per riporvi la sua legittima occupante, capita non di rado che mi ritrovo il posto già occupato da un altro inquilino, con baffi e coda, sdraiato lungo lungo  nello spazio contenitivo della navicella, le zampe affondate nelle soffici coltri della pupa, stravaccato panza all'aria come se non potesse essere più felice di così.
In questi casi è un procedimento piuttosto laborioso far sloggiare il felino senza svegliare la creatura, ma è molto doloroso anche solo doverlo sfrattare di lì, tanto se la dorme bene spaparanzato com'è, che è un piacere solo a guardarlo.

Comunque questa operazione va fatta, o io mi dovrò accollare la pupa indefinitamente.
Messa dunque a letto la pupa, accade che a un certo punto vada a letto anche la mamma, che tutti hanno bisogno di riposo notturno, che però mette in conto la mamma di venir svegliata dal suo sonno in media due volte per notte dai lamenti della figlia, che in genere si placano quasi subito dopo che la mamma avrà effettuato la semplice operazione ciuccio. Quindi a parte la noia di alzarsi nel cuore della notte coi piedi sul pavimento freddo e la sofferenza modesta del sonno interrotto, la cosa si risolve presto.
Ma una notte la pupa emette un lamento che è quasi un gemito di sofferenza. La mamma seccata e assonnata tenta in un primo momento di calmarla con degli assai poco efficaci SCCCC-SCCC, prima di rassegnarsi ad alzarsi per la consueta operazione ciuccio.
Ma cosa vedono i suoi occhi una volta giuta in prossimità della carrozzina ove si aspetta di trovare la sua piccola addormentata?
Eccolo là, vedi solo il mantello. Non ti sbagli: quello è Zorro!
Si è accomodato sopra la pupa e ora ronfa soddisfatto. E povera pupa ti credo che si lamentava, con una bestia di peso quasi pari al suo sopra la panza. Si sarà sentita come quello della pubblicità di Brioschi, col cinghiale piazzato sullo stomaco. Ma non credo che nel nostro caso un normale digestivo potrebbe giovare al sonno della pupa, permettendole di metabolizzare Zorro.

Ieri notte l'assalto alla carrozzina è stato un continuo, e io dai che buttavo giù il gatto, e scostavo la carrozzina dal letto per impedirgli di salirci, e lui ci rimontava sù, e io lo ributtavo giù e lui di nuovo sù. Quindi alla fine gatto fuori dalla porta che piangeva e bambina dentro che dormiva, mamma esasperata che ci provava, a dormire.
Sempre dura la convivenza.
Certo non posso dare a lui tutti i torti. Magari quando io e la pupa siamo partite per Natale avrà pensato di essersi tolto dai piedi quella nuova invadente inquilina. E invece poi se l'è vista tornare e si sarà detto: Eh, mi sa che questa, qua rimane.

Quante volte ancora dovrò buttare Zorro fuori dalla carrozzina della pupa?

E quante volte ancora la pupa cadrà  dal divano?

Riusciranno i nostri eroi a prendere il lettino alla pupa?

Riuscirà la pupa ad utilizzare tutti i quintali di vestitini che traboccano dalla sua cassettiera?

Riuscirà Suster a rifare il letto al mattino senza dover improvvisare spettacoli di cabaret alla pupa legata nella sdraietta vibrante che ormai mal sopporta?

Riuscirà Suster ad andare alla mostra di Mirò prima che chiuda i battenti? (Mi sa di no)

Ma soprattutto: le mie tette resteranno così mosce come ora? Serve a qualcosa la crema rassodante alle erbe medicinali, germe di grano e avocado?

E come è possibile che anche la pappa più ammalloppata dopo mezza giornata passata nel frigo e un minuto di microonde per riportarla a una temperatura adatta alla cena della pupa, si trasformi in una brodaglia che è assolutamente impossibile tentare di infilarle in bocca utilizzando un cucchiaino di gomma morbida? Per quale strano processo chimico-fisico ciò accade sistematicamente? E perchè se aggiungo a questo punto crema di riso o tapioca per farla raddensare  escono fuori 1500 grumi farinosi che è impossibile schiacciare col dorso del cucchiaio?

Riuscirò mai a finire di dare una pappa alla pupa senza ritrovarmene quintali tra i capelli il giorno dopo?

Per quanto l'uomo si sforzi di trovare le risposte ai quesiti dell'esistenza, alcuni interrogativi sono destinati a rimanere senza soluzione.

giovedì 20 gennaio 2011

La bamba

Un giorno senza volerlo ho scoperto che la pupa si divertiva molto se le cantavo La Bamba.
Ero in corridoio a stendere il bucato e lei sulla sua sdraietta vibrante si era un po' scocciata di guardarmi fare le faccende e si lagnava inarcando la schiena e irrigidendo braccia e gambe in maniera convulsa.
Io cercavo di tenerla occupata e di calmarla parlandole e le dicevo scemenze tipo "Puuupaaa! Pupaaattolaa! Bambolaaa! Bimbaaa! Bambaaa!" Al che sono partita con la canzone, così, senza voler suscitare nessuna particolare reazione.
Lei invece si è gasata un sacco, ha iniziato a ridere a garganella e ad agitare mani e piedi felice.
Ho imparato col tempo a perfezionare la tecnica, constatando che guadagnavo punti se cantavo La Bamba accompagnandola con movimenti non troppo aggraziati del corpo, cosa che del resto è in palese contraddizione con il testo della canzone che recita:

Para bailar La Bamba se necesita una poca de gracia
(che oltre tutto è la sua strofa preferita)

Però la pupa pare non farci troppo caso. Lei si sciala, e io posso continuare a fare quello che sto facendo mentre la tengo impegnata con intermittenti Parabailarlabamba, performances da orso ballerino e grandi gasamenti di lei, costretta suo malgrado nella sdraietta o nell'ovetto mentre la mamma fa altro.

Poi l'altro giorno la stavo cambiando, ero sovrappensiero ed espletavo il mio dovere di mamma senza troppe smancerie, mentre lei faceva i fatti suoi guardandosi i piedi e dicendo cose tipo Sgghhhh Svbrlrlrl sputacchiando mentre tentava senza successo di ingoiarsi un pugno.
A un certo punto mi scappa un inconsapevole "Yo no soy marinero...".
 Lei mi guarda per una frazione di secondo... e giù a ridere.
Oh, si è sganasciata per un quarto d'ora.

mercoledì 19 gennaio 2011

Born to be Pupa. (continua dal post precedente)

 Prima di avere pupa, quando ancora lei non era neanche un'eventualità concreta, ho sempre creduto che avrei preferito avere un figlio maschio.

La fregatura delle aspettative è che si basano quasi sempre su preconcetti privi di fondamenta reali.
La mia idea delle bambine era assai diversa da come in effetti io sia stata da bambina.
La mia convinzione era che non sarei mai riuscita a creare un legame empatico con una figlia femmina.
La mia teoria era che io stessa da bambina non avevo avuto grandi rapporti con le altre bambine, che ho sempre preferito la compagnia dei maschi, che infine il mio ambiente familiare, impostato sul modulo femmina-maschio-femmina-maschio-maschio, mi vedeva circondata di fratelli maschi, coi quali mi intrattenevo assai più tempo e assai meglio che con mia sorella, che avendo ben 6 anni più di me, quando io ancora giocavo al Wrestling sul lettone dei miei con Totto e Ergino, lei già si macinava i pomeriggi sul vocabolario di greco antico, e i suoi unici interventi nel nostro gioco in questi casi erano per porvi fine in maniera violenta e traumatica, distribuendo un po' di botte per tutti, ma senza simulare le mosse di Hulk Hogan o Jake The Snake Roberts.

L'amichetta del cuore della mia infanzia, Cristina, era una vera e propria rompipalle. Litigavamo spesso e sempre quando io mi rompevo le scatole delle sue pretese e la mandavo a cagare. Poi quando lei voleva rappacificarsi veniva a cercarmi ed io ero sempre disponibile. Ma se ero io ad avvicinarmi a lei per prima, metteva il broncio e prima di concedermi il suo perdono doveva farmela pagare. Insomma, una vera rottura.
Diciamo che i maschi invece sono molto più diretti e lineari. Già da allora avevo imparato che femmina uguale scocciatura. Quindi mi gloriavo di non aver avuto mai nessuna Barbie, di guardare cartoni animati, se non proprio da maschi, almeno al limite tra i due sessi, come I cavalieri dello Zodiaco e la prima serie di Dragonball, snobbavo Candy Candy, Lovely Sarah, Georgie, Lady Oscar e Creamy.
In realtà questo atteggiamento era un po' forzato, e mi costò l'unica Barbie mai avuta in mia vita, regalo di compleanno da parte del mio amico Pierluigi del 6°piano, regalo che io avevo deriso davanti ai miei fratelli, ma che segretamente innalzavo a baluardo della mia femminilità. La tenevo nella confezione integra come in una teca di cristallo. Non potevo giocarci: ne andava della mia reputazione. Mio padre quello stesso Natale la regalò alla figlia di un suo amico in visita, dal momento che non trovò niente di meglio da offrirle, e di fronte alle mie rimostranze, quando sorpresi la piccola impostrice a impugnare la mia unica Barbie mai avuta, mi disse: "Ma tu non ci hai mai giocato, non l'avevi neppure tolta dalla scatola".
Questa è rimasta una nota dolente della mia infanzia, e la conferma che le bambine erano una gran manica di smorfiose cretinette rubagiocattoli.

E fu così che crescendo continuai a desisreare un figlio maschio.
Ma solo perchè con una bambina proprio non mi ci vedevo.
Le bambine fanno la ruota e mettono la gonna, cose che io non facevo mai, da piccola.

Poi, quando seppi dall'ecografia che Lei era una femmina, me ne son dovuta fare una ragione.
Al corso pre-parto di Musicoterapia etc etc. ci facevano "visualizzare" il bambino: per quanto mi sforzassi io non riuscivo ad immaginare altro che una copia di me, come la conoscevo attraverso le mie foto, intorno ai due anni d'età, caschetto biondo, nasino all'in sù, faccia tonda, con in braccio il gatto Biscotto nella soffitta di mia nonna in Sardegna... (questa foto solo riuscivo a visualizzare, nient'altro).

A questo proposito il libro che sto leggendo ora (vedi post precedente) dice:
"Con la propria figlia c'è, fin dal momento del parto, un senso di identità, comunione, fusione in un certo senso connesso all'idea di replicare se stesse".
Ecco: proprio quello che intendevo. Solo che per me questa identificazione è durata fino e non dopo il momento del parto.
Poi l'ho vista, e, a dire la verità sono rimasta un po' scioccata. Non delusa ma costernata.
Chi era quella specie di bambina cinese che era appena saltata fuori da me? Sembrava proprio cinese e per di più era enorme. Come caspita aveva fatto a stare dentro di me, in quello spazio tondo e limitato, ancorchè alquanto ingombrante visto da fuori, che era la mia pancia? Diciamo che una pancia all'ottavo-nono mese può essere paragonata a una city-car: abbastanza contenuta fuori, per consentire ed agevolare le manovre di parcheggio, spaziosa all'interno per offrire il massimo del confort al passeggero.

La pupa comunque non sembrava quella con la quale mi ero illusa di aver comunicato telepaticamente per mesi, incoraggiata in questo vaneggiamento dalle ostetriche del corso pre-parto.
Io mi ero rivolta a una me stessa in miniatura e questa era tutta un altra persona.

Dopo averla un po' ripulita, i medici me la riportano e mi dicono: signora, vuole tenerla?
Va detto che il padre si era rifiutato di prenderla in braccio per primo, perchè cavallerescamente voleva dare la precedenza a chi aveva fatto tutto il lavoro sporco, cioè la sottoscritta, che intanto se ne stava ancora sdraiata su quel tavolaccio da macellaio a gambe spalancate, mentre continuavano a tirarle fuori robaccia dall'utero, spremendo in tutti i sensi la sua pancia improvvisamente diventata floscia floscia come un palloncino sgonfio.

Mi mettono questa bestiolina urlante sul petto, che in quel momento non era proprio la cosa che desiderassi di più al mondo, dato che non riuscivo neppure a sollevare la testa per guardarla, avrei preferito potermi ricomporre un po' prima, e avevo paura che da quella posizione mi cadesse.
Ma le ho parlato, se pure con un certo imbarazzo, per la prima volta rendendomi veramente conto di chi avevo davanti, e lei (miracolo!) ha smesso di piangere!

Questo è stato l'unico contatto che ci è stato concesso di avere prima che la pupa venisse trasportata al nido, mentre il padre veniva spedito in cerca degli abitini della bimba, e al suo ritorno, non trovando più la figlia e sentendosi dire che avrebbe potuto rivederla solo la sera successiva previo appuntamento, ha alzato un casino che non vi dico, e poco ci mancava tirasse un cazzotto a un medico, cosa che io pregavo non accadesse.
Inizio di paternità alquanto traumatico. Lui per fare il cavaliere è stato privato della possibilità di prendere in braccio la figlia appena nata per declinarla a me, che ne avrei fatto volentieri a meno in quel momento.
Quindi quando leggo quanto sia importante creare un legame profondo tra madre e figlio tramite un contatto immediato e prolungato subito dopo il parto, un po' mi sento defraudata di quella possibilità.
Ma comunque: così è andata con la pupa, e anche se forse quel contatto e quel riconoscimento immediato e reciproco ci è mancato, ora lei è proprio la mia pupa, e nessun'altra, e  che potesse essere diversa da come è mi sembra impossibile e assurdo. Ma che idiota: certo che se è figlia mia non poteva che essere come è.
Un maschio? Ora come ora mi sembra un'eventualità inimmaginabile. Non lo voglio più il maschio. Voglio solo la pupa.

(to be continued...)

martedì 18 gennaio 2011

Tutto è cominciato un mattino d'estate. Ma forse anche prima.

Ora vi racconto com'è nata la Pupa.
Uff, basta con queste storie di madri che parlano dei loro parti sul web, scrivono libri, partecipano a forum, aprono blog, non se ne può più!
Beh, considerato che avere la pupa è stata la cosa più emozionante che mi sia capitata negli ultimi 6 mesi, anzi, diciamo anche negli ultimi 16, ho ben diritto di dire anch'io la mia, e lo faccio oggi, che decorre il sesto mese da quell'evento.
L'idea mi è venuta leggendo questo libro:

Uh, che noiosa! Ormai legge solo libri di mamme, per mamme, sulle mamme.

Uff, come siete critici! No: è che me l'ha prestato la mia amica Samantha, che nella nostra vecchia compagnia di amici un po' scoppiati si colloca al terzo posto in ordine d'arrivo, dopo la sottoscritta, nel fare il suo ingresso nella fase riproduttiva della sua esistenza.
Insomma, per capirci: essendo al sesto mese di gravidanza, si trova anche lei impelagata in questo genere di letture, perciò, quando mi sono presentata a casa sua con la pupa e il mio manuale per donne gravide, che ti dice mese per mese cosa fa il tuo pupo dentro la pancia, lei mi ha risposto per le rime, mollandomi questo.
Poi non sono nemmeno troppo inguaiata: in relatà è solo il terzo libro che leggo sull'argomento. Il vero problema è che tutte le altre possibili letture pare si siano arenate irremediabilmente e il fatto che io ormai riesca a leggere solo questo genere di libri, sì, lo ammetto, è un po' deprimente.
Ma: che vi devo dire? Già l'averlo ammesso è il primo passo verso la guarigione, che auspico vicina.

Dunque l'autrice del libro racconta, con l'intento di sdrammatizzare e un po' ironizzare su alcune situazioni tipiche da madre con bambino appena scodellato, la propria esperienza con i suoi due pargoli. Dichiara anche che l'intento sarebbe pure quello di sfatare alcuni luoghi comuni sull'essere mamma, ma nel far questo mi pare che cada in altrettanti luoghi comuni quali la neomamma appena dimessa dall'ospedale che piange a oltranza e il padre imbranato.
Comunque nel complesso non male.
Certo però non mi sono ritrovata in molte delle situazioni descritte, che qui vengono presentate come scontate e standard.

Quindi, è andata così con la pupa.

Mi sveglio al mattino allagata.
Quella mattina scadeva il termine della mia gravidanza e avevo appuntamento per il primo tracciato.
Dopo essermi accertata che non me l'ero fatta sotto, prendo atto della gravità del momento e cerco di mantenere la calma.
Che puntualità questa pupa! Di certo non ha preso da me. Neanche da Hasuna direi.
Il quale intanto se la dorme beato. Lo sveglio con circospezione e ci avviamo all'ospedale, dopo aver raccattato la borsa dell'ospedale (l'unica cosa che io abbia preparato in anticipo in vita mia), sfamato i gatti, steso la lavatrice, e non so che altro, mentre a ogni passo la sgradevole sensazione di farmela sotto non mi abbandonava.
Tragitto in macchina con un filino di ansia. Ebbene, infine era giunto anche per me quel momento.
Non si poteva aggirare l'ostacolo: ci stavo andando proprio incontro e un po' mi sembrava assurdo che setsse accadendo questo a me.
Gli eventi che seguirono mi avrebbero confermato in questa insensata convinzione.
La pupa ci avrebbe messo un bel po' per venire alla luce, ma io questo ancora non lo sapevo.
In effetti, dopo aver surclassato tutte le partorienti in attesa, perchè, in quanto "sacco-rotto" (così mi avrebbero chiamata per le prossime 24 ore, so che non è molto carino, ma a quanto pare è il codice dei medici) mi spettava la priorità, mi visitano, mi ricoverano e mi raccomandano di rimanere a letto il più possibile.

All'inizio è stato facile. Di contrazioni neanche l'ombra. Ero lì in rilassante soggiorno, nel mio stanzone con altre 5 donne con pance più o meno visibili, che non si capiva bene chi di loro avesse già partorito e chi no, all'epoca non sapevo che la differenza tra il prima e il dopo non sarebbe stata poi così netta. La cosa mi sconfortò un poco. Ma comunque, ci avrei pensato a tempo debito.

Nelle settimane precedenti avevo seguito un corso pre-parto presso lo stesso ospedale che si intitolava mi pare qualcosa come Musicoterapia e rilasssamento per la preparazione al parto.
Ero stata molto diligente nell'eseguire gli esercizi per casa che di volta in volta ci venivano assegnati, per quanto mi sentissi una vera deficiente.
Ora vi spiego in cosa consistevano.
Il corso insegnava, tra le altre cose, la famosa respirazione diaframmatica, vale a dire, in parole povere, respirare con la pancia.
Funziona così: inspiri per un tempo (gonfi l'addome, non il torace); espiri per un tempo il più lungo possibile, cercando di emettere un soffio controllato e continuo.
In alternativa al soffio semplice, che è più difficile da controllare, si emettono dei suoni espirando.
Il primo esercizio si fa con il suono "S". Poi le vocali: "U, O, A, E, I" in quest'ordine.
Ma questo è niente in confronto a cosa abbiamo imparato a fare negli ultimi due incontri.
In aggiunta alla respirazione con vocalizzi e sibili, bisognava anche "intonare" le vocali.
Cioè: sempre partendo dalla U, la più cupa, alzare di volta in volta il tono della voce e poi ridiscendere.
Una roba davvero un po' imbarazzante, non solo da fare in presenza di altre persone, ma persino in presenza dei gatti, che ogni volta mi guardavano interdetti.
All'inizio a dire la verità mi vergognavo persino a farlo da sola. Vedevo al mia immagine nello specchio sulla parete di fronte al letto e mi sembravo un'idiota.
Ma poi 'sta roba servirà?
La risposta nel mio caso è andata molto vicina al no.
Il motivo di cotanta fatica: questa respirazione permette di ossigenare il feto e aiuta a distendere la muscolatura durante le contrazioni.
In teoria ci esercitavamo sul tempo massimo di 40 secondi, che, a detta delle ostetriche che ci ammaestravano in codesto esercizio, era il tempo di massima durata delle contrazioni, cioè quando proprio sei arrivata alla fine e stai per entrare in fase espulsiva.
La teoria poi era che più lunga è la respirazione, meno atti respiratori riesci a fare entro la durata prevista, prima passa la contrazione, anche perchè tu nel frattempo sei impegnata e non fai tanto caso al dolore.
Poi, passata la contrazione, puoi tranquillamente dedicarti agli esercizi di rilassamento, che sono i più svariati: visualizzazione dei numeri, visualizzazione dei colori, visualizzazzione del bambino, percezione del tuo corpo, percezione delle sensazioni di caldo, freddo, pesantezza, leggerezza e chi più ne ha...

Nella pratica attendevo con impazienza e un po' di delusione l'arrivo delle mie contrazioni sdraiata sul mio letto di ospedale, e mi ero persino portata Guerra e pace da leggere. Una cosetta leggerina, così tantpo per.
Le suddette contrazioni hanno iniziato ad affacciarsi intorno alle 7 di sera, ed erano tutto sommato sopportabili. Quando hanno iniziato da essere un po' più forti, anche io ho iniziato a fare i miei esercizi di respirazione con le Esse, ma non con le vocali, che mi imbarazzava un bel po'.

Però qualcosa iniziava a non andare proprio come mi aspettavo.
Cronometro alla mano, le mie contrazioni duravano ben più di 40 secondi, e io finivo in debito di ossigeno.

Verso le 11, le maledette erano davvero un po'troppo forti, ravvicinate e lunghe. Io cercavo ancora di mettere in atto gli insegnamenti del corso: respiravo, cambiavo posizione, mi contorcevo sul letto sopprimendo i gemiti, per non disturbare le altre mamme che dormivano.
Da qualche parte avevo letto che la posizione carponi (a pecorina) aiutava a sopportare e a lenire i dolori delle doglie. Ma che! Iniziavo adesso a soffocare insulti e imprecazioni, mischiandoli alle respirazioni diaframmatiche e a lamenti che dovevano suonare esilaranti.
Quello che proveniva dal mio letto doveva essere qualcosa di simile a questo: "SSSSSSSSSSS...ma porc... Cazz.. Fanc... Ahiahiahiahia...SSSSSS...nonce la facccccioppiùù SSSSSSS...merd..." e via dicendo.

Quando, nel pomeriggio, aspettavo la loro venuta, la mia vicina di letto, già al suo terzo parto, mi aveva detto che le contrazioni di pancia non erano tanto dolorose come quelle di schiena (di schiena? Avevo pensato io). Ora capivo.
Era come se le ossa della schiena m si sbriciolassero tutte insieme. Come se un rullo mi passasse sui lombi e me le frantumasse. Mi sembrava che cambiando posizione sarei stata meglio, ma quando, dopo sforzi immensi, riuscivo a girarmi, non c'era alcun sollievo, anzi, forse era meglio prima, aspetta che mi risposto. Ma quanto dura questa? Ahi, che dolore. Riuscivo ad alleviare un po' la mia sofferenza automassaggiandomi con le mani. Avevo al gola secchissima a furia di emettere "S" e mi si chiudevano gli occhi dalla stanchezza. Ma appena prendevo sonno, ecco arrivarne un'altra, altrettanto dolorosa e infinita.
La mia notte era una lunga veglia di dolore intervallata da brevi istanti di oblio.

Quando ho creduto di non farecla più ho suonato il camapanello per chiamare l'infermiera di turno. La quale, dopo avermi visitato, mi dice, con mio grande sgomento: "Non ci siamo, sono appena 2 cm, chiamami quando senti più dolore".
Come si fa a capire quando il dolore è sufficientemente forte? A me pareva di essere già arrivata al limite insuperabile.
Dopo quella visita e quel verdetto ho evitato di chiamare ancora soccorso. Dovevo vedermela da sola a quanto pareva.
Ma la mia notte era interminabile e io me ne andavo a spasso per i corridoi del reparto malgrado mi avessero detto di rimanere a letto. Facevo avanti e indietro dal bagno. Una volta l'arrivo dell'ennesima contrazione mi ha risvegliata su una sedia a rotelle accanto alla toilet.
Quella è stata la notte più lunga della mia vita.

La mattina dopo mi hanno portato in sala travaglio per il tracciato. Ti attaccano ad una macchina che monitorizza le contrazioni e il battito fetale. Un casino pazzesco. A lungo andare entri in trance, cullata da quel battito acquoso che proviene dal tuo utero, dato anche che già le due notti passate praticamente insonni non aiutano a mantenere la lucidità. Se non fosse per quelle maledette contrazioni che ti riportano sempre alla dura, triste realtà del presente: una bambina da partorire e un travaglio appena iniziato.
Mi averbbero fatto l'epidurale solo a mezzogiorno, malgrado io non fossi ancora arrivata al giusto livello di dilatazione, ma il primario vedendomi in quello stato, si vede ha avuto pietà di me, dopo che mi sono accasciata sul pavimento davanti alla porta del bagno, e mi hanno riportata di peso sul mio lettino. Avevo smesso già da tempo di tentare la respirazione del corso, ed un'ostetrica molto carina mi aveva insegnato come respirare in maniera più efficace e meno sfiancante. Ad ogni nuovo picco mi chiudevo in me stessa, tutto il mondo fuori non esisteva. Mi parlavano e io fulminavo tutti con lo sguardo. esisteva solo il dolore. Anzi no: il dolore esisteva solo dentro di me. Fuori da me non esisteva, quindi il dolore in realtà non esisteva. cercavo di convincermi così, e quasi ci cascavo, almeno fino all'arrivo della successiva.

Dopo, tutto è cambiato: niente più dolore. Sparito. Ho amato il mio anestesista con tutta l'anima. Non finivo più di dirgli grazie, mio salvatore! Davvero: non credevo di essere così scarsa nel sopportare il dolore. Io mi ritenevo una dura, prima del parto. Non volevo neanche farla l'epidurale. Le vie naturali sono sempre preferibili, pensavo. E una cospiqua letteratura a riguardo mi aveva assecondato in questa folle convinzione. Ora so.

Dopo l'anestesia tutto è stato più bello: mi sono fatta una pennica di un paio d'ore, cullata dal ronzio dell'apparecchio per il tracciato, che nel frattempo diventava sempre più lungo, un lenzuolo di carta spiegazzata di qualche chilometro. I medici si davano il cambio, credo di averli conosciuti tutti durante la mia permanenza in sala travaglio. Anche le partorienti si avvicendavano: arrivavano, urlavano lungamente e accoratamente, poi a un certo punto qualche infermiere veniva a buttare un fagotto pieno di cacca nella pattumiera che trovavasi nel mio abitacolo, che quindi iniziava anche ad avere un odore poco gradevole. Quando una partoriente fa la cacca vuol dire che è pronta per scodellare anche il bambino, e quindi viene trasferita prontamente in sala parto. Le urla cessavano, e io restavo di nuovo sola, con la mia anestesia, e con la cacca nel secchio della spazzatura accanto al letto. Ho già detto che era luglio? Quindi aggiungete il caldo, la puzza, la totale mancanza di riservatezza, le partorienti che si avvicendavano e io che ero sempre lì e la situazione non sembrava smuoversi.
Ogni tanto qualcuno mi visitava, tanto per dirmi che ancora eravamo lontani dal vederne la fine.
Io non ci credvo quasi più che prima o poi anche io avrei fatto quella cosa che le altre donne facevano in sala parto dopo aver fatto la cacca. Ho dovuto fare la pipì in un vasino davanti a una schiera di medici che intanto discorrevano tra loro amabilmente. Tutti i miei precedenti schemi mentali di cosa fosse lecito fare in pubblico e cosa no, su quale fosse il confine tra intimo e pubblico, venivano stravolti.
Ero lì scosciata, culo all'aria da più di 12 ore. Iniziavo a non poterne più, quando qualcosa laggiù si è mosso.

La pupa è nata alla mezzanotte meno due minuti di quello stesso giorno, 40 ore dopo il mio arrivo in ospedale.
Spingi quando senti arrivare la contrazione, mi dicevano.
Ma io, drogata da ore, non sentivo propio un bel niente. Nada de nada. Diciamo che spingevo a caso.
Chissà quanto ci vorrà, pensavo. E invece, apro gli occhi e guardo giù, ed eccola! La testa...

Mi aspettavo un mostriciattolo. Mi ero preparata al peggio. Non ho mai capito come la gente potesse dire che i neonati sono belli. Me l'aspettavo paonazza e un po' grinzosa, la testa deforme a pera e gli occhi gonfi.
Niente di tutto ciò: la pupa era nera nera, con una cespa di capelli nerissimi appiccicati alla testa, tonda come una boccia, anzi no, un boccino.
Però! Non è poi così male, ho pensato.
Benvenuta pupa, tra esattamente due minuti sarà il tuo sesto complimese.
AUGURI!

(to be continued...)

lunedì 17 gennaio 2011

Strage in cucina

Interrompiamo le trasmissioni per comunicare una triste notizia.
Sabato sera alle ore 23 o giù di lì, Panzumen!
Scusate. Stavo dicendo: sabato sera alle ore 23 circa si è verificato un terribile incidente tra la Statale 101-Portabicchieri e lo svincolo per Lavandino. Molte le stoviglie coinvolte, impossibile stabilire il numero delle vittime.

Gli inquirenti stanno ancora cercando di ricostruire le dinamiche dell'incidente, che pare sia stato causato dal cedimento di un supporto laterale della carreggiata, dovuto probabilmente alla cattiva manutenzione delle sovrastrutture.

E' stato rinvenuto infatti nel punto di maggior concentrazione di rottami, un pezzo portante della struttura, saltato via dal suo alloggiamento, dove i periti hanno individuato il punto di rottura: il legno portante è risultato essere marcio.

Sgomento e rabbia tra gli abitanti che hanno preferito non rilasciare dichiarazioni ai nostri microfoni.

Una domanda sorge spontanea: questa strage del sabato sera si poteva evitare? Si tratta dell'ennesima tragedia annunciata, dovuta al malfunzionamento del nostro impianto burocratico?
Il supporto rinvenuto è stato dichiarato non idoneo a sostenere il peso del carico del portabicchieri.

Una commissione è stata incaricata di individuare i responsabili, ma intanto le famiglie delle vittime invocano giustizia e fanno appello allo Stato.

Le immagini che seguono potrebbero risultare particolarmente forti, si avvertono quindi i signori spettatori di mandare a letto i bambini e si raccomanda alle persone deboli di cuore di cambiare canale.

Questi sono i poveri resti di alcuni degli oggetti coinvolti nella catastrofe.

In questa immagine potete vedere il pezzo responsabile del crollo: si tratta della stecca di una vecchia sedia da terrazza, riutilizzata in maniera imprudente per sorreggere il piano del portabicchieri che ha ceduto.
Nell'immagine che segue potete vedere come si presenta adesso il pensile della cucina, privato del suo piano inferiore: un disastro senza precedenti:


Ed ecco i supertstiti, che verranno presto soccorsi dalla protezione civile ed alloggiati in rifugi di fortuna.
Nessuno di loro risulta aver riportato serie ferite, ad eccezione di qualche escoriazione superficiale e di una tazza da caffelatte arancione a cui è stato asportato il manico.
Ma la maggior parte dei sopravvissuti versa in grave stato di shock.


Ed ecco i poveri resti dei morti, un numero ancora da verificare i dispersi:


Ci scusiamo con gli spettatori per la pessima qualità delle immagini,, scattate da un videoamatore di passaggio,  che però costituiscono un importantissimo repertorio documentario dell'accaduto.

Ed ora ripassiamo la linea allo studio per l'ordinaria programmazione.
Vi contatteremo per eventuali aggiornamenti sulla vicenda.
Grazie per averci seguito, linea al Grande Fratello.

sabato 15 gennaio 2011

Sapevo che prima o poi sarebbe successo!

La cacca durante il bagnetto.

La pipì era una costante. Per questo mi sono sempre detta, con un po' di paura: "E se mi capitasse con la cacca?"
L'ipotesi era un po' preoccupante, a tratti agghiacciante (tutto dipendeva dalla consistenza dell'oggetto in questione).

Poi è successo.

Niente panico, basta prenderla per tempo.

Cosa fare in questi casi.
(Come direbbe il mio manuale per mamme impedite)

  • Sollevare subito la pupa dalla vaschetta del bagnetto.
(Non preoccupatevi di come l'afferrate: piede destro e braccio sinistro? Va bene. Basta che poi non vi cade).
  • Aspettare che pupa finisca di compiere il lavoro (tanto ormai è fatta) poi togliere dal bagnetto pupa pulita.
  • Mettere in salvo, se possibile, eventuali oggetti quali spugna, rane galleggianti, pesce termometro.
  • Procedere al normale asciugaggio e vestimento pupa.
  • Svuotare poi la bacinella direttamente nel wc.

Vedete: è tutta questione di tempismo.
(E queste cose nei vostri manuali per genitori perfetti non le trovate!)

venerdì 14 gennaio 2011

Uccomevolailtempo! (La conquistata padronanza dei piedi)

A proposito, com'è andata a finire poi la storia del passeggino senza sbarra salva bebè?

Nell'attesa che arrivasse il pezzo mancante recuperato dalla zia gunchina, abbiamo fatto la prova su strada.
Insalamata la pupa nella giacca a vento imbottita da femmina e fissata con le cinghie al passeggino, che apprendo solo ora chiamarsi "amaca" (nuove terminologie degli accessori pupeschi), non le rimaneva praticamente alcuna libertà di movimento, quindi nemmeno alcuna possibilità di cadere.
Pensavo che a questo punto si sarebbe ribellata, invece la contentezza di uscire di nuovo all'aria aperta dopo tre giorni di casa era più forte, le ha fatto tollerare che la legassi lì come un arrosto senza troppe storie, e dopo manco 5 minuti la pupa si era abbioccata.
Ecco qua:



Non so come sia stato possibile che dormisse in questa posizione, praticamente verticale. Si vede che quel giorno era un po' provata, e infatti non è stata proprio una delle sue giornate migliori.
In effetti anche l'espressione denota una certa latente contrarietà...

Solo ora, libretto di istruzioni alla mano, apprendo come avrei potuto inclinare l'amaca Loola consentendo alla passeggera di dormire in una posizione un po' più cristiana.
Vedi a non leggere mai le istruzioni che succede?
Certo però che questi costruttori di passeggini moderni ce la mettono tutta per rendere questi libretti incomprensibili e di faticosissima lettura, innanzi tutto mettendo la lingua italiana in quinta posizione addirittura dopo l'olandese. Poi utilizzando nomi assurdi per identificare i vari pezzi dell'attrezzo.
Infine complicando il tutto con disegni elaboratissimi che dovrebbero esemplificare le varie operazioni di chiusura, apertura, smontaggio e rimontaggio, e che invece incutono timore e sgomento nell'utente già abbastanza confuso, disperato perchè non ci ha capito una mazza.
Poi con l'uso ogni tanto si hanno rivelazioni illuminanti, come quando ho "scoperto" come si bloccavano le ruote davanti, o, dopo mezz'ora che tentavo di riaprire il telaio senza risultato, che c'era un fermo di sicurezza che andava sbloccato.
Sono questi i piaceri della vita.
Comunque, non so se avete notato, nella prima foto un particolare importante.
Va be vi riporto il dettaglio qui:

Yes! Le scarpine di pupa!
Avete visto che grande? Non so se mi spiego: porta già le scarpe! Non è incredibile?
E pensare che solo qualche mese fa con quei graziosi piedini mi tirava di quei calci nelle costole che non vi dico la gioia mia. Anzi, credo che me li puntasse proprio di forza contro la cassa toracia, e poi spingesse forte, tanta era la sofferenza, e continua.
Comunque in questo mese la pupetta ha acquisito una nuova consapevolezza delle sue appendici inferiori.
Ora riesce ad afferrarsi i piedi con le mani, e, proprio come una persona adulta, a metterseli in bocca...
Come dite? Voi non siete capaci di mettervi i piedi in bocca? Ah, be', allora lei è anche più avanti!

Poi una volta mentre le cambiavo il pannolino Zorro è saltato inaspettatamente sul fasciatoio, praticamente in faccia alla pupa, che senza scomporsi ha iniziato ad agitarsi gioiosamente e a lanciare emozionati urletti.La mamma, senza scomporsi, le ha preso il piede nudo e lo ha strofinato sul pelo lustro di Zorro, cosa che lei ha gradito molto.
E così siamo andate avanti per una buona decina di minuti: io le facevo fare "caro Zorro" con la pianta del piede e lei si scompisciava dalle risate, mentre un soddisfattissimo ronfante Zorro si rotolava panza all'aria sul fasciatoio. A metà strada tra la pet-therapy e il massaggio podalico.
Dovreste provare. Dà risaultati miracolosi.