mercoledì 5 dicembre 2012

Avventure di un medico di guardia.


Tuoni, fulmini e saette.
Tempo perfetto per l'ambientazione di un film gotico horror di inizio '900.
Il dottore saliva le scale sbrecciate e scivolose sotto una pioggia torrentizia, in cuor suo smadonnando per quella fastidiosa chiamata domenicale, e maledicendo le ansie eccessive di queste madri moderne, che pare aspettino le condizioni meteorologiche più inadatte e impraticabili per manifestarsi, reclamando urgenti il suo intervento.
D'altra parte non era mica colpa mia se quella domenica gli era toccato di fare il turno di guardia, aggiunge il narratore.
Comunque il nostro dottore di guardia medica arrivò incolume anche se un poco grondante acqua in cima alle scale, e fu introdotto attraverso l'acquoso terrazzo, fino alla portafinestra a vetri che dava su una sbilenca cucina-soggiorno-non-si-capisce-bene-cosa dove un arsenale di pentole e tegami gravava minacciosamente impilato nel bel mezzo del tavolo, ingombro peraltro di una varietà strabiliante di altri oggetti inutili, almeno quanto il piano cottura ingombro di teglie di pizza mezze iniziate.
Altro che sinistro maniero abbandonato, questa era una sinistra catapecchia fin troppo abitata.
Due enormi felini domestici gli guizzarono tra le gambe facendolo incespicare sull'uscio, allontanandosi poi ballonzolando le grasse pance e lasciando sul pavimento di casa scie di impronte bagnate.
La padrona di casa lo accolse da dietro le lenti appannate dei suoi occhiali che lasciavano intravedere comunque due occhiaie non indifferenti, un sorriso imbarazzato, e una massa di capelli lanosi arrotolati in una specie di nodo infeltrito sulla nuca, che avevano tutta l'aria di non essere lavati da almeno una settimana (caro dottore, dì pure dieci giorni, non mi aspettavo mica di dover ricevere visite, quel giorno).
Evidentemente seccato per una serie di circostanze seccanti, rispose appena ai saluti di accoglienza e alle scuse di dovere per l'eventuale disordine della casa, disordine che in questo caso era tutt'altro che eventuale.
Una grossa sagoma umana emerse dall'oscurità del corridoio che dava sulla cucina e il dottore si trovò vis-à-vis con una donnona africana avvolta in un accappatoio abbastanza capiente dal contenerla, la testa pure avvolta in un asciugamano, era evidentemente appena uscita dal bagno e non si aspettava di trovar gente in casa; salutò imbarazzata e si infilò in un camera. Imbarazzato anche lui, e piuttosto confuso a quanto pare, tagliò corto con i convenevoli e si diresse deciso, anche lui, verso l'ingresso di quella camera da letto.
- Di qua di qua, dottore!
Fu bloccato appena in tempo dalla tizia con i capelli da matta e le occhiaie che lo condusse nella camera accanto.
C'era penombra e un letto sfatto, con un lettino da bimbo in fondo alla stanza.
Lui posò la borsa sul lettone, si avvicinò al lettino, ormai sicuro di trovare finalmente il suo paziente, ma... nel lettino stavano acciambellati tra bambole di pezza e orsetti di peluche , i due grossi gatti di prima, intenti a lisciarsi con cura il mantello bagnato dalla pioggia.
La bimba era nel lettone, il visetto pallido e sbattuto, e le labbra rosse dalla febbre, arse e screpolate, da cui usciva un respiro accompagnato da un flebile lamento.
la visita fu breve: un minuto e mezzo a dire tanto, e la diagnosi: tonsillite.
Antibiotico e cortisone. Arrivederci.
Girò i tacchi e se ne andò, senza aspettare di essere riaccompagnato all'ingresso, senza badare alle smancerie del tizio con la parlata da cammelliere beduino in una réclame televisiva degli anni '40, che continuava a chiedergli se magari non volesse un thé o un caffé, ma facendo cadere rovinosamente la busta dei rifiuti umidi attaccata per un manico ad uno de cardini della porta-finestra.

Ecco perchè mi vergogno di far arrivare a casa gente "normale" (e un dottore nella fattispecie).

La pupa malata comunque ha continuato ad avere la febbre per un altro giorno e mezzo, tra patemi d'animo e lagne, tossi e vomitini; fino a ieri, esausta e lamentosa ha continuato a sudare il sudabile, e languire a letto, resuscitando solo quando si trattava di opporsi con furore guerrigliero a qualsiasi misura curativa: termometro, sciroppi, pastiglie effervescenti o supposte che fossero.
Oggi va meglio, ma inizia a scalpitare per la reclusione obbligatoria prolungata.
Uff, che fatica starle dietro.
Ogni altra presa d'iniziativa è rimandata dunque a convalescenza conclusa.
Mi concederò solo oggi pomeriggio il lusso di recarmi all'attesa riunione con  le maestre del nido.
Woew!
In attesa di amica baby-sitter dunque, per ora passo e chiudo.

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