sabato 22 giugno 2013

On a limb (bah!)


Ah, come vorrei iniziare a scrivere un post e riuscire a finirlo.
Magari non glie ne frega niente a nessuno di quello che ho intenzione di scrivere qui, ma sono fatta in un modo in cui, un modo strambo in cui, finché non riesco a concretizzare quello che mi frulla nella testa mi permane un senso di insoddisfatto malessere che mi getta in un turbine di nuove inconcludenze e nuovi malumori. Non solo nel blog: ultimamente mi sembra di concludere poco e nulla, rispetto ai miei ottimi propositi.
La prima ondata di calore che è arrivata l'avete vista tutti, inutile che mi ci soffermi anche io, oltretutto ieri Studio Aperto ne ha minuziosamente dissertato per un buon venti minuti: era la notizia del giorno a quanto pare.
Qui la conseguenza immediata è stata una terrificante insonnia asincrona delle due beauty&the-beast, senza stare a cincischiare su quale delle due sia la bella, e quale la bestia, possiamo dire che a turno fanno l'una e l'altra, a seconda che dormano o che veglino...

Nel frattempo con grazia equina i sempre più solerti  operai albanesi che da mesi bazzicano intorno a casa nostra, senza che ben si capisca che accidenti stiano combinando, sferragliano da un terrazzo all'altro, defenestrando calcinacci e rottami metallici direttamente sulla tettoia in eternit sottostante la nostra povera bicocca, facendo sussultare la povera piccola fatina dormiente e provocandomi accessi di bile non indifferente, mentre si urlano cose indecifrabili da un piano all'altro, o dissotterrano senza motivo le nostre incolpevoli piante grasse, cose che comporta litigi sfrenati con Hasuna che sovente poi conclude minacciandoli di morte, prima di offrirgli l'ennesimo thé verde beduino; o mi sbatacchiano sulla persiana chiusa al gran calore mattutino chiamandomi a gran voce per mezz'ora, anche se io faccio orecchio da mercante sordo e mi dico che prima o poi si arrenderanno all'evidenza che non ho voglia di rispondere e continuo a fingermi morta, tanto ho sempre la scusa che stavo allattando, ma poi alla fine faccio prima a desistere io e vado ad aprire solo per sentirmi dire: "Scusa non volevo disturbarti (ah, noo?), mica avresti un..." segue nome del più improbabile strumento di manovalanza pesante, che io, ovviamente, non possiedo, e solo dieci minuti li perdo a capire di che si tratta, e intanto mando in cuor mio i peggio accidenti a loro e ai loro morti. Sì, lo so, è brutto, non si fa. Ma...

Intanto nel blog vorrei parlare di questo e quell'altro e non mi ci incastra mai, ché il mio bioritmo non va di pari passo con i momenti di mia relativa libertà dal fare, e quasi sempre quando potrei casco dal sonno, oppure mi dorme l'emisfero sinistro del cervello e mi sonnecchiano le sinapsi, cosicché non connetto. Oppure, tho! Si sveglia la fatina.
Sì lo so che non morirete se anche non vi parlerò del fatto che avevo ricevuto la parte del Pesciolino Ugo alla recita del nido, ma che poi sono stata rimpiazzata perché arrivavo tardi alla festa per colpa di una principessa col vestito a fioli viola e le scappette di clistallo "coi tacchi", che pretende di fare tutta la strada a piedi da casa all'asilo camminando dunque in punta di piedi (e lo farà, a discapito della futura tornitura dei suoi polpacci, che le auguro non le vengan su massicci quanto quelli materni).
O se non vi racconto di come abbiamo trascorso il così diciamo, decimo anniversario della nostra prolifica unione d'amorosi sensi, in concomitanza con la festa patronale della città, quando immolo la mattina a lavar piumoni in lavanderia con Mimi, e poi parto alla ricerca di palloncini per sopperire a quello che non abbiamo comprato la sera prima durante la festa del detto patrono, con lumini alle facciate delle case e fuochi d'artifizio,e  due bimbe stanche morte.

Pensavo che avrei finalmente rimpiazzato la coccinella fuggiasca di un anno fa...
Invece Mimi ha visto e anelato da subito un'orrida principessa che io ho ribattezzato con discutibile fantasia Rosaspina (pron: Lodappina), ma che sospetto essere nient'altro che una vile e commercialissima Barbie principessa. Va be', ma che importanza ha, se a lei piace (sigh, sob! Quante aspettative malriposte!), e se è rimasta un'ora intera in adorante contemplazione della sua, così dice lei, "amata plincipessa", e se ancora ora che dopo giorni cinque, e un tre-quattro gonfia-sgonfia dopo, è ridotta a un floscio ammasso di plastica metallizzata da cui a tratti è venuto via il colore, ancora ora, dico, continua a rivolgerle lodi degne del più fervido cuore innamorato, del tipo: "Oh, plincipessa mia, come tei melaviglioooousa! (notare la "S" sonorissima [z] che si arrotonda sulla "O") Che melaviglioso viso pplendido! Oh, mia amata! Io ti volevo! Ho pianto pelché volevo te! E dopo ti ho vista e ti ho pleda! Noi ci amiamo: guadda mamma come ci amiamo io e la mia amata!"
Insomma, 'sta principessa del piffero, a parte che è quasi un metro di palloncino e sta sempre in mezzo ai piedi perché da mo' che non vola più, e lei se la porta pure a letto, cosa che rende di gran lunga più lungo e laborioso il processo di addormentamento, perché sfrigola e co'sto caldo si appiccica alla pelle sudata, ma poi oltre tutto è pure incinta, e Mimi continua a chiedermi di farla partorire perché da sola non ci riesce.
E va be'.
Meno male che, dicevo, non ve ne avrei parlato.

Così come non vi racconterò dell'imbarazzante riunione dei genitori di fine anno (ah, ma come mi piacerebbe parlarne invece!), quando ho avuto l'ennesima conferma della mia riluttanza patologica ad inserirmi nel gruppo genitoriale, malgrado le passate e millantate vittorie.
O di come la fatina si sganasci dalle risate e si schernisca nascondendo il viso quando uno gioca con lei e le fa le facce buffe, o di come sia concentratissima nell'arduo intento di voltarsi a panza sotto, e rimanga incastrata con un braccio bloccato sotto al petto tipo camicia di forza e allora inizia a chiamarti "Oh!" per farsi liberare.

Medito intanto la dissociazione del mio io virtuale, ipotizzando uno spazio parallelo a questo ove lasciar dispiegare le involuzioni del mio lato oscuro, ché qui non mi riesce e prevale l'autocensura, e la volontà di parlar di tutto quando alla fine non mi basta il tempo e nell'imbarazzo della scelta finisco sempre a scriver cose lontano da quel che volevo.
Un luogo dell'anonimato ove nessuno mi conosca, senza immediati riferimenti alla mia persona dove sparare a zero su tutto e tutti, dove fregarmene dei contatti e delle visite.
Nell'ultimo anno di bloggerato ho perso diversi contatti a cui ero particolarmente affezionata, altri hanno cambiato piattaforma o hanno aperto nuovi blog e mi sento un pochino come in terra deserta, lasciata indietro, mentre tutti sono impegnati altrove.

Nella vita non rispondo mai al telefono, per esempio. Infatti ho perso per questo il posto alla materna: perché non ho risposto, e così hanno chiamato quello dopo di me in graduatoria. L'ho scoperto sempre alla festa del nido, parlando con la mamma che era dopo di me in graduatoria.
Così impari a non rispondere al telefono.
Sono sempre in ritardo sulle mie tabelle di marcia e non ho mai preparato niente per cena quando torno a casa troppo tardi per qualsiasi possibile attività, mi chiedo quale e dove sarà il nostro immediato futuro e faccio finta di non essere preoccupata. Diciamo che funziona: alla fine smetti di preoccuparti per davvero. Hakuna Matata.
Nella vita mi rendo conto che rimango per settimane e forse mesi senza vedere, a volte senza sentire le persone a cui più tengo al mondo, ché tutti hanno i loro impegni, tutti hanno una vita altrove, laddove un tempo condividevamo quasi tutto.
Non è triste, ma anche qui ti senti, a volte, come tagliato fuori da quella che un tempo era la tua vita affettiva, e ti chiedi di cosa tu stia vivendo in questo momento. A parte le bimbe intendo.

Nel blog non bastano le conoscenze che fai per farti sentire appagato nelle relazioni.
E comunque non ti basterebbe stare una vita al pc per fare davvero del blog ciò che vorresti.
E comunque non hai lo smartphone e ti rinnovi nel proposito di non averlo mai, di non giocare a Ruzzle se non col telefono di tuo fratello, le rare volte in cui lo vai a pizzicare a casa sua, che un tempo era anche la tua, ma ora ci torni quasi mai.
E comunque rimani un quarto d'ora a sentirti la promoter della TRE che ti espone i vantaggi dell'abbonamento internet sullo smartphone.
Rimani invece nella tua nicchia, in una sorta di limbo tra il se e il ma.
Scrivi post che iniziano in un modo e finiscono in tutt'atro. Nel mezzo ci hai infilato di tutto.
Stai sempre sconnessa, e ti va bene così.

Magari mi piacerebbe andare al cinema, ogni tanto.
Nel frattempo ci sono le bimbe, che non ti lasciano il tempo di elucubrare troppo.
Rimango sul mio ramo (on a limb, come il video di Cip&Ciop e Paperino, ché sono rimasta a chiedermi per giorni che volesse dire la parole "limb")
Va bene per ora, questo limbo.


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