venerdì 23 agosto 2013

Compendio di mezza estate (e pure un poco più).

Vista la mia prolungata e non preannunciata assenza da queste pagine, mi sento un po' in dovere di dare delle delucidazioni a qualche ipotetico aficionado, ma senza esagerare.
No, non ero in vacanza, ma sotto stretto placcaggio delle due pupe.
In apnea direi, e malgrado i miei reiterati propositi di fermarmi una mezz'oretta ad aggiornare il blog, non c'è stato verso.
Concessami solo due settimane a casa di mia madre, mentre il beduino "svernava", si fa per dire, il suo Ramadan in Libia.
E comunque grandi novità gente.
Far perdere le proprie tracce del resto nell'epoca del GPS è praticamente impossibile, e io non sono certo una nota criminale nazista per permettermi tale lusso.


Così ho ceduto alle lusinghe del tanto snobbato smartphone.
Il risultato è che ho triplicato i tempi di cazzeggio infruttuoso, disertato la reflex, combattuto con Instagram, ahimé, invano, visto che ancora non sono del tutto venuta a capo dei suoi, per me, misteriosi arcani, scassato le balle a gran parte dei miei conoscenti virtuali e non e anche agli sconosciuti con richieste di partite a un giochino di cui il resto del mondo si è già stufato da tempo. Ma non io.
Perciò diciamo che sono stata davvero troppo impegnata per riuscire a mettere in ordine due pensieri sensati qui sul blog.
Ma per sommi capi posso dire che le nostre vacanze a chilometro quasi zero sono quasi, e dico quasi, del tutto sfangate senza morti e feriti, più o meno, a parte un paio di evidenti borse oculari e contorno occhi decisamente messo a dura prova da sonni su materassi in terra interrotti da una neonata simpatizzante per la dormita orizzontale, una neonata che tira schiaffoni e pedate nel sonno che non immaginereste.
Nella fresca località ai più nota come Roma, abbiamo resistito alle vampate di calore luciferino su cui i media ci hanno puntualmente aggiornato, facendoci pregustare le pene di un agosto, come al solito, da record.
Del resto non è mica colpa loro se d'estate non si mai di che accidenti parlare.
E poi, diciamocelo, avete mai letto un romanzo in cui non compaia almeno una volta un qualche riferimento alle condizioni meteo dell'istante narrato?
Dunque, vedete, il tempo condiziona l'intero nostro agire.
Noi per esempio ci siamo tipo sepolte in casa per buona parte della giornata, attendendo con pazienza l'ora fresca che non si sa bene quand'è che dovesse arrivare.

Abbiamo schiacciato pinoli, provato le galosce per l'autunno, ché non si sa mai...

Come presto vi accorgerete ho impiegato gran parte del mio tempo a giocherellare coi filtrini e gli effetti della fotocamera. Fortuna che avevo questo nuovo giochino con me per ammazzare i tempi morti tra il risveglio di una e il sonno dell'altra, altrimenti non so come ne sarei uscita...


Abbiamo stazionato sul parquet, raccolto lumache amiche e


... improvvisato frequenti puntate pomeridiane ad uno dei parchi giochi della mia infanzia, apprezzandone ombre e brezze, e le esuberanze dei ruspanti scugnizzi romani del quartiere, a cui Mimi non era molto avvezza, ed ha finito più volte per rimanere vittima di micro episodi di bullismo in fasce... In fondo, si farà le ossa pure così. Almeno ha trovato pane per i suoi denti da aspide, poiché saltava all'occhio troppo evidente la differenza di temperamento tra questi selvaggi  vivaci bimbetti e gli urbanissimi e fin troppo composti giovani cittadini della città ove lei è nata e cresce.
E però lo stesso l'esteso parco verde coi suoi viali e i suoi grandi pini a ombrello l'hanno conquistata, lei abituata a quel buco di nostro giardino pisano, bello per carità, ma insomma, l'occhio deve poter spaziare, io dico.


La piccola ha continuato coscienziosamente a crescere, in cicciosità e abilità motorie.



Io ho portato gli stessi pantaloni e calzato i medesimi sandali  quattroddici giorni su quattrodici, ma fa niente.



Mimi ha oscillato, basculato e roteato in solitaria, ché si rifiutava di collaborare coi selvatici di cui sopra, che per i suoi modi aristocratici risultavan troppo rozzi.


E ancora non ho ben capito come sia venuto fuori questo collage di primi piani della gnometta, ma approfitto del caso che mi ha fatto incontrare un telefono più intelligente di me, che fa tutto da solo e me ne compiaccio.


Che altro. Ah, sì.
E poi siamo andate in piscina.


Dopo due tentativi di prova, mi sono arrischiata infine ad avventurarmi in tale impervio luogo da sola con le pupe, compresi andata e ritorno appiedate, visto che la macchina mi venne a mancare nel bel mezzo della vacanza e partiti per altri lidi nonna a zii siam rimaste noi solinghe nella metropoli ostile e rovente...


Io e le pupe in menage a trois in piscina. Unici ausili: un passeggino e una ciambella comprata al volo al negozio cinese del quartiere, l'unico aperto alle tre del pomeriggio nella settimana di Ferragosto...
Fatto questo posso ormai avviarmi alla conquista del Mondo intero, la mia fiducia nelle mie capacità gestazionali e genitoriali non è mai stata così elevata.



Sì, non chiedetemi neppure come è venuta fuori questa foto mobile di Mimi. Io non svelo i miei trucchi.
Poi magari se lo capisco ve lo dico.

Per finire, consigliamo ai villeggianti di provare l'imperdibile escursione nel parco della Valle dell'Aniene.

Eh, sì, gente: la vacanza a Km0 si può!



Ripercorrere con le mie bambine quei campi, raccolti come in una conca di campagna superstite tra i palazzi del mio quartiere, ha avuto il sapore di un gap temporale, di un rewind della memoria, di un dejàvu generazionale, insomma...





Non so se ero io incline alle suggestioni dei ricordi di un passato per me ancestrale, ma mi è parso di incappare in paesaggi degni di un Dalì...


Sarà stato il caldo, o i fichi selvatici allucinogeni o le indicazioni confuse della segnaletica campestre...



Ancora qualche dubbio circa la direzione da prendere?


Dopo tanto girovagare nel deserto dei Tartari della più totale assenza di  segni di vita intelligente, imbrocco infine la via tra le sterpaglie che conduce a un insieme sperduto di altalene e altre giostrine in legno invase dalle erbacce, a riqualificare quello che un tempo era lo sbocco della strada senza uscita ove sorge il palazzo della nostra prima casa dell'infanzia. Lo ricordo come discarica improvvisata di calcinacci e rottami domestici, e scavi mai terminati di una specie di villa etrusca, e racconti che giravano di bocca in bocca tra noi bambini di streghe e sabba notturni e tossici e siringhe, un misto orrorifico di leggende vecchie e nuove...
Ora una landa dispersa della mia memoria dove, incredibile, spingo in altalena le mie due figlie.

Rivisitare i luoghi dell'infanzia gioca a volte strani scherzi.
O sarà stato il sole di agosto...

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