venerdì 18 ottobre 2013

La verità, tutta la verità e nient'altro.

Sono io, sì, sono proprio io quella stronza che ogni giorno parcheggia sulle strisce pedonali.
Eddai, qualche volta metto pure le quattro frecce, se mi ricordo, fosse fosse che decida di passarci un amico della municipale.
Se solo capissi come si imbocca la strada della scuola, non sarei costretta a lasciarla lì, all'angolo, sulle strisce, ogni maledetta mattina di pioggia. Ché io se no ci vado pure in bici a portare mia figlia a scuola, ma che posso farci se piove? E che quello è l'unico posto che trovo nelle vicinanze al mattino.
La prima volta che andai in macchina ho fatto per tre volte il giro dell'isolato incastrata tra sensi unici e orario di ingresso, alla fine mi sono detta: oh, qui non c'è modo di arrivare davanti alla scuola, tanto vale.


Sono io quella rinco che guida tutta piegata sul volante al mattino, nello sforzo sovrumano di vederci qualche cosa al di là del parabrezza appannato, che a momenti prendo in pieno quel tizio in bicicletta, che con tanta nonchalance mi taglia la strada venendo da destra.

Sono io quell'idiota incosciente che quel giorno ha lasciato la bambina in macchina per andare ad accompagnare la più grande all'ingresso dell'asilo. Ma che dovevo fare? Tirarla fuori dal seggiolino, svegliandola, dopo che si era appena addormentata cullata dal rumore delle gocce sul tettuccio dell'auto e della radio, portarmela dietro sotto il diluvio e farle prendere una polmonite? Mi sono cronometrata: ci ho impiegato 4 minuti e qualcosa. Mi sono messa Mimi a cavalcioni su un fianco e l'ho praticamente lanciata alla bidella sull'ingresso, liquidando notizie sullo sciopero imminente e sull'elezione dei rappresentanti di classe. Che magone però, lasciare la pupa nel seggiolino. Sì, d'accordo, non lo farò mai più. E' successo solo una volta... due... tre?

Sono quella che girava con duecento forcine in testa, i capelli bicolore giallo paglierino alle estremità, incollati alla testa nell'eventualità migliore che fossi riuscita a lavarmeli e impiastricciarmeli di spuma, nella peggiore infeltriti come il manto di un montone che fa la muta stagionale.
Ero talmente impresentabile... no, aspè, non mi piace questo termine, che poi pare si alluda alla politica. Talmente indecente che le amiche di vita hanno preso per me la risoluzione che non avevo ancora avuto il coraggio di prendere io: mi regalano un buono coiffeur per i miei 32.

Sono sempre io, lo ammetto, quella che molla la pargola al padre e si dirige con fare timoroso al luogo ove riscuotere l'entità di quel dono insperato, destinato a trasformarmi per sempre in un'attempata emo (ma esistono ancora? Gli emo intendo? Boh! Non se ne sente più parlare. Accidenti, arrivo sempre in ritardo!)

Eccomi lì, accomodata sulla poltrona del nostro Mani-di-forbici partenopeo, coraggiosa nell'esporre la mia chioma a cotanta rivoluzione, ma pavida del risultato, nel vedermi fioccare intorno ciocche di varie nuances e consistenza, alcune, grovigli di paglia secca, rotolano giù lungo il pastrano come la rosa di Jerico nel deserto del Gobi.
Il rumore secco delle forbici che zacchettano intorno alla tua testa è insieme rilassante e inquietante. Ma io quasi quasi opterei per il relax. Tanto, chi me lo fa fare di stare in ansia?
Ok. Ora mi rilasso.

- E' una cicatrice questa qua dietro o una piccola alopecia?
- EH?!
- Hai una piccola zona senza capelli. Vedi? Qui.
- !!!
- Sembrerebbe un'alopecia, forse ti conviene fartela vedere, perchè tendono a ingrandirsi e, sai, non è molto bello.

Ma no? Non mi dire! Ecco, dicevamo che volevo rilassarmi? Ommioddio, diventerò pelata!
Calma e sangue freddo. Non permetterò a un'alopecia qualsiasi di rovinare il mio regalo di compleanno.

Lui dice che mi vuole fare un riflessante, più che un colore, giusto per coprire la ricrescita e farmi tornare al mio colore naturale, perché il riflessante va a stemperarsi col tempo.
Lui parla un sacco, come credo debba fare un parrucchiere, e sembra se ne intenda un sacco sul tema "capelli". E' incredibile quante cose si possono sapere sui capelli.
Lui mi impiastriccia lo scalpo col riflessante.
Mi sento la testa in fiamme.
Non ero io quella che si autodefiniva asserendo, tra le altre cose "che non va dal parrucchiere?".
Mai autodefinirsi, è un errore imperdonabile. Peccato di presunzione.

- E' normale che bruci un po'?
- Eh, a volte capita. Ma tranquilla, dopo i primi 5 minuti passa.

Alla faccia dei cinque minuti.
(Oddio, non è che ho un'allergia al riflessante? Ora divento tutta color fragola e vado in crisi respiratoria)
Invece no.
Shampoo. Phon. E poi ancora sforbiciate. Zac zac zac.

Ecco qua. Finito!

Sono io, sono proprio io, quella specie di virago nello specchio?
Oh, mio dio! Forse dovevo precisare che ero madre di famiglia?
Dai dai, però non stai male.
Anzi, lo sai cosa ti dico? Ti ci voleva proprio questo cambio di style.
Style? Oh, no! Lo vedi come stai iniziando a esprimerti? Il taglio ti sta contagiando, ora inizierai a sentirti molto cool, e a vestirti fashion. Aiuto!
No, dai, che male c'è a sentirsi ancora ggiovani! Non sono mica un rudere ancora eh.
Il mio coiffeur mi consegna un buono per l'estetista di fianco: pulizia viso e manicure. Inizio a credere di essere proprio un caso disperato se tutti si sentono in dovere di offrirmi trattamenti estetici.

- Poi tra un 40 giorni torni e facciamo una bella ricostruzione del capello. Hai i capelli molto sfibrati, dobbiamo ricostituirli prima di fare qualsiasi altra cosa.

Non c'è dubbio: sono nel tunnel.

Sono proprio io quella che ora sta pensando che, sicuramente, ha bisogno di una bella ricostruzione capillare o come si dice? E' che lì dentro tutto è così ovattato e soffuso, tutto è così luccicante e nitido, specchiante, luminoso...
Lo specchio mi restituisce un'immagine di una me un tantino più aggrssive di quanto io non mi senta.
Ma va bene: sgomenterò i miei nemici. Incuterò timore reverenziale a chi si vorrà frapporre tra me e i miei obiettivi.
E andrò dal parrucchiere almeno ogni... almeno ogni du... tre mesi, ecco.
Sì, sono proprio io: una donna ricostituita!

Sono stata sotto i ferri per un tempo interminabile, e ora mi sento molto frastornata.
Esco di lì con una gran considerazione di me.
Lì fuori il mondo continua a girare come sempre.
Svaniscono in un istante tutti vani propositi coiffeuristici.
Torno parzialmente in me (ma davvero ho potuto prendere seriamente in considerazione l'idea di fare LA RICOSTRUZIONE DEL CAPELLO? Oddio, sono davvero un soggetto altamente influenzabile).
Però va bene così. Mi sento tonica, forte e sicura, aggressive!

Guardo l'ora: quasi le tre. Devo sbrigarmi a riprendere Mimi a scuola.
Intanto mi autofotografo con cellulare e condivido su Facebook.
Tutti devono sapere.
Sono una persona nuova!
Salgo in macchina, metto in moto, ingrano la retro, esco dal parcheggio.

Prendo in pieno la fiancata dell'auto parcheggiata dietro la mia.

Eccheccazzo!

Lo sapevo che il taglio era davvero TROPPO aggressive!

Ok, amici, questa è tutta la verità.
Sono davvero io: una cojona.


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