mercoledì 10 settembre 2014

La città arrampicata.

Cortona.


Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole. 



Percorsi pochi chilometri, il viaggiatore giunge nella città di Cortona, dal passato glorioso, fiera di storia, patria di uomini illustri, cenacolo di artisti e teatro di aspre contese, che dall'alto delle sue possenti e antiche mura domina il territorio.

Qui andando per le sue vie col naso in aria il viandante trova ancora tracce di quel passato, intonacate a brani sulle facciate di certi suoi palazzi, un tempo chissà dimora di quali potenti personaggi, e il viandante si ferma a fantasticare, guardando da basso, la finestra da cui forse allora si affacciava una fantesca, al passaggio dello stracciaiolo.


Sarà colpito, il viandante, dalla prospettiva sghemba di una scalinata, dal monocolo ciclopico della facciata della Chiesa Cattedrale, dalla smisurata proporzione della cornice a costoloni del portone principale, che dalla prospettiva di un bambino di due anni deve apparire un po' come quello del castello del gigante del fagiolo magico, quasi come se Dio, in quella sua casa terrena, potesse volervi venire a trascorrere la villeggiatura estiva, e quindi si dovesse predisporre un'apertura confacente alla sua presunta Altezza.

 

Egli sarà poi guidato su, su e sempre più su per i percorsi arrampicati della città gloriosa, tra infilate asimmetriche di facciate di pietra, c'è una strada che sale fino a una casa adorna di volute d'edera, c'è una piazza alberata dove riposare un poco, e più su ancora sventolar di drappi, grifi e rocche, al suono cadenzato e asincrono di due campane di bronzo.
Sono questi i particolari su cui si soffermerà l'occhio del viandante, su di essi per quanto insignificanti possano sembrare, ricostruirà nella memoria l'immagine della città arrampicata sulla collina.

 


 

E poi a un certo punto si aprirà sotto i suoi occhi la piana.


Salirà ancora, il viandante, tenace, deciso a carpire l'essenza della città arrampicata.
C'è un santuario, che gioca a nascondino dietro i fusti di pini e cipressi, sottraendosi alla vista, schivo, ma poi, man mano ch'egli si avvicina eccolo: maestoso trionfo di classicità nel ritorno perfetto del suo canone architettonico.

 


Più in alto ancora potrebbero spingersi i passi arditi del nostro viandante, se egli non si sentisse a questo punto piuttosto provato dall'arrampicata fin quivi sostenuta, e toccato già dalla maestà del grandioso edificio triocchiuto, sì che egli si accontenterà di rimirar dabbasso l'ultima roccaforte della città che non è riuscito a dominare.


E inizierà la ridiscesa, là dove c'è una terrazza, con cespugli di ginestra, e tetti di cotto digradanti a valle.



Ci sono giardini pensili, con grandi piante in vaso, e fragranti oleandri alla ringhiera a rallegrare i serii cornicioni coi loro fiori scarlatti.


C'è un orologio, giù in basso, nella piazza del comune, che indica a tutti, ai viandanti come agli stanziali, che l'ora è tarda, e non attende i nostalgici, quelli che si guardano indietro, quelli che si fermano al limitare di un vicolo a cercare il giusto punto di fuga per la foto perfetta, lui incalza, e quaggiù il brulichio delle vite è più intenso, dove la via è piana, e i passi più lievi, e la gente va o si siede a riposare.
C'è una gradinata accogliente, per il viandante stanco dell'arrampicata trascorsa.



 

Ci sono due bambine che sfarfallano spensierate, tra file ordinate di tavolini di locande in attesa di avventori, e una sembra voltare la testa di lato per dire all'altra: "Guarda, c'è Uncino lì che ci vuole catturare!"

Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato

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